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Visualizzazione dei post da agosto, 2012

MA QUEL LIMONE A QUEL PASSANTE?

Io non so se l'avevo già detto ma l'idea che esistano le trombamicizie mi dà da pensare. Non fa per me. E mi dispiace, eh, perché in teoria sarebbe la mia situazione ideale, come donna impegnata tra figlie e lavoro e un ex appena appena un po' invadente. In teoria funziona così: Tu hai un numero di trombamici che va dai due ai quattro (se ne hai solo uno è quasi una storia, se ne hai più di quattro non so proprio come te la puoi gestire, diventa un lavoro. Ti confondi i nomi, tra l'altro). Quando non sai cosa fare (nel mio caso: praticamente mai), chiami quello più comodo: non so, se ti sei liberata all'ultimo momento chiami quello che abita più vicino, tipo. Oppure ti basi su criteri più, diciamo, organici, e rovisti nel tuo database, e chiami quello che hai più flag. Tipo, i flag dell'eiaculatore preventivo non contano perché proprio non lo si mette in database, così come il logorroico. Ok. Una teoria semplicissima. Ci si chiama, non ci si chiede niente, s

l'INCUBO DELLE FESTE

Che poi, sono le feste in generale, a mandarmi in paranoia. Il mio compleanno è l'apoteosi del malessere. Quest'anno tipo mi sono svegliata ed ero carica perché mi chiamavano un sacco di persone per farmi gli auguri nonostante il mio profilo Facebook sia talmente ermetico che non c'è manco la data di nascita, e allora ho detto, dài, qualcuno mi vuole bene, quante persone ci stanno attorno al mio tavolo? Mhm, sei strette più i bimbi, bene, cominciamo a invitare. Ma è stato un caso. Sono sette anni che verso metà agosto entro in un limbo popolato da orrendi mostri biblici, e passo le nottate a cercare compromessi tra la mia dignità di donna e la mia coscienza di madre. E insomma, dopo una serie di imbarazzanti feste di compleanno organizzata per le mie figlie (tipo quella durante la quale i nostri invitati sono stati aggrediti da uno sciame di zanzare tigre, e quella durante la quale un temporale estivo ci ha sorpresi costringendo nel mio minuscolo salotto almeno trenta per

VOLEVO FARE LA FASHION BLOGGER

Cari tutti, oggi mi sono successe tante di quelle cose e talmente surreali che se ve le raccontassi mi direste che mi invento i post di sana pianta e che questa è in realtà una sceneggiatura. Tipo Scary Movie. Com'è la noia ragazzi? Vabbè dài, adesso faccio finta di non essere estremamente provata dalla vita, e faccio finta per un quarto d'ora di essere, di essere, di essere? Una fashion blogger??? Dài. Dicono tutti che il Pollystyle è orrendo, ma io ho voglia di fare finta, e quindi sì, perché sì. Ciao. Noterete che d'estate metto quasi sempre la gonna, e la cosa è fichissima perché mio fratello per fare l'elegante in negozio ha sempre i pantaloni lunghi con la piega e la camicia a maniche lunghe e muore di caldo, mentre io, tiè, ho un aspetto dignitoso anche con spalle e gambe scoperte. No, il bigòlo no, che non va più di moda. Noterete anche che le foto le faccio bene, ahem. E infine noterete che lo specchio della mia camera ha degli aloni: principalmente
Buondì. Momento di merda. Passerà. Che poi, a dire il vero, ditemi quand'è che non ho vissuto sull'ottovolante. Mai. Mi annoierei a morte se stessi sempre bene. Poi a lavorare in un posto pubblico le paturnie ti passano, perché sei impegnata a fare altro. E poi sei impegnata a trovare strani gli altri per perdere tempo a trovare strana te stessa. Tipo, c'è questo napoletano che il venerdì sera ha la bancarella dell'antiquariato di fronte a noi. Mi deve per forza presentare l'amico. Io sinceramente guardo lui e so già che l'amico non mi può piacere, ma manco per sogno. Mi chiede se sono impegnata, io dico sì, con le mie figlie, e non ho praticamente tempo per altro. Poi dice, bè, anche il mio amico ha due figli ed è separato, la moglie lo ha scaricato per un altro. Io in linea di massima vorrei trovarmi un tipo con figli, i bambini mi piacciono. Vorrei averne cinque, però tutti carini come le mie. Vabbè, però un uomo mica lo valuto in base ai figli che ha. Il

TORNO DA MIA MADRE

In questa estate di lavori e collaborazioni e figlie e amiche, ci mancava solo che mi fissassi che la ristrutturazione della mia casa deve essere ultimata entro l'autunno. Cioè, da gennaio a oggi ho fatto, cominciato, concluso e risolto così tante cose, che parrebbe che io abbia preso sul serio la profezia Maya ("Che poi, i Maya mica hanno detto che finiva il mondo: nel 2012 finiva solo il calendario"; "Bè, per essersi estinti da diverse centinaia di anni, s'erano portati avanti, col calendario"; "Tipo, il mio calendario di Sabrina Ferilli è finito in dodici mesi e il mondo non è mica cascato"). E insomma, in un momento di ottimismo ho chiesto al Donatore di finire il lavoro tra cantina e terrazza che lui stesso aveva cominciato alcuni anni fa: negli ultimi tre anni ha smontato il cantiere centinaia di volte, ovvero ogni volta che abbiamo litigato mentre lui era al lavoro. S'è presentato con due soggetti accuratamente selezionati (quello gn
Dieci agosto, San Lorenzo. Io non credo in un tubo, né in Babbo Natale, né in dio, né nel comunismo. Invece le stelle cadenti mi piacciono, e credo nella mia forza, e credo anche nelle botte di culo. Di botte di culo ne ho avute diverse, tre delle quali sono alte all'incirca un metro e venti. La sera di San Lorenzo io e mio fratello abbiamo lavorato abbastanza, perché stiamo in collina e la gente era venuta a vedere le stelle e qualcuno prima di vedere le stelle s'è seduto ai nostri tavoli, forse perché davamo musica anni settanta, o forse semplicemente perché esprimere i desideri da sbronzi è meglio. All'una ho lasciato i bicchieri da lavare e i pavimenti da pulire, e me ne sono andata al parcheggio, con il sacco della spazzatura. "Non vai a vedere le stelle?", mi ha chiesto mio fratello. "E' che ho ricevuto troppi inviti da tutti i tipi che mi faccio, e nell'imbarazzo della scelta ho deciso di andare a casa", gli ho risposto. Non era vero, ov

LORO

Lui ha poco più di vent'anni. Lei ci arriva a malapena, ai vent'anni. Lui ha il papà ricco, e quando è uscito dalle superiori suo padre gli ha regalato un'aziendina e lui è bravo perché ci lavora tredici o quattordici ore al giorno e la fa andare bene, anche se tutti dicevano che non avrebbe saputo fare. Quando esce dal lavoro attraversa la piazza per andare a casa e lo guardano tutte, me compresa e lui sorride, con questo sorriso con i denti perfetti, il sorriso di uno che non ti guarderà mai. Lei, le poche volte che passa, ha un portamento regale, anche se è figlia di operai. E' praticamente perfetta e cammina con lo sguardo dritto senza guardare nessuno. Lei ora aspetta un bambino. Io mi chiedevo quanto tempo ci avrebbe messo lui a capire che la sua auto sportiva a due posti era inadeguata, ma non me lo chiedevo per farmi i fatti loro: me lo chiedevo un po' perché ho visto Nine Months, e un po' perché so che la vita, vince sempre lei. Anche se tu ti eri

MANUALE PER INTERAGIRE CON ME

Non che voi dobbiate per forza voler interagire con me, sia chiaro. Cioè, se mi dite chissene, capisco. Però penso che con questa mini guida quasi quasi salvo l'umanità, perché l'umanità ha un grosso problema e questo problema non è la fame nel mondo, e neanche il capitalismo, e neanche il fatto che non abbiano ancora inventato un oggetto migliore del preservativo che però faccia la sua stessa funzione (vabbè, l'ho detto). Il problema dell'umanità è che la maggior parte delle persone ha scarsissima attitudine all'empatia, e in particolare che la vituperata categoria dei parenti stretti, non abbia alcuna attitudine all'empatia. Per dirla in parole povere, se tu, da ventinove anni dici a tua madre che non puoi fare a meno di arricciarti i capelli su un dito perché sei tricotillomane, e lei stessa ammette che lo facevi sin da neonata con i suoi capelli, dovrebbe essere un motivo sufficiente affinché la stessa smetta di redarguirti, ma no, lei deve continuare a
Dico loro di prepararsi uno zainetto con il cambio, ed escono di casa con delle borsette piene di giocattoli che chiamano "le nostre valigie". Camilla, che è la saggia delle tre, ha messo dentro alla valigetta del pronto soccorso dei peluches uno spazzolino, delle mutande, una Barbie e una gonna. Di velluto. Io le lascio fare, perché so che sanno cos'è bene per loro. Poi preparo una borsa con alcuni vestiti leggeri, nel caso avessero caldo, con la gonna di velluto. Le porto dal loro padre per ventiquattro ore e loro sono felici e salutano le case del paese dal finestrino, tanto poi domani tornano. Io guido sulla provinciale e penso che in questo momento e in questa macchina ho proprio tutto quello che mi serve: le mie figlie, quattro teli da mare, il netbook per scrivere, nel bagagliaio. La carta di credito per acquistare un volo. Accosto, e sudo, e scendo, e apro la portiera, e sudo, e le accompagno al portone, e suono il campanello, e le bacio, e le guardo salire,

MANUELA O EMANUELA

In ufficio veniva a fare le pulizie una signora che aveva uno di quei nomi che non si ricordano mai con precisione, come Manuela o Emanuela. Io non la chiamavo mai, perché mi sembra brutto chiedere il nome troppe volte. Però spesso, quando finiva il lavoro, andavo giù al bar con lei, a prendere il caffè. Manuela o Emanuela mi spiegava che per pulire non vanno bene i prodotti che allora utilizzavo a casa: l'alcol si asciuga troppo in fretta; la candeggina è troppo tossica. E poi mi aveva detto di pulire sempre molto bene le maniglie, perché è importante. Lavorava per una cooperativa e le avevano fatto fare dei corsi, sulla sicurezza e anche sull'igiene. Era una che quel lavoro lo sapeva fare, e non è così banale saper pulire. Io per dire, non so mettere in perfetto ordine. Tipo a casa c'è questa pila di documenti che quando pulisco la madia che sta all'ingresso, li sposto sul juke box, e quando pulisco il juke box li sposto sul tavolo della cucina, e alla fine dei conti