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Visualizzazione dei post da maggio, 2013

Chi ha paura della topa?

L’altro giorno apro Facebook, perché a volte sento amiche lontane su gruppi, tipo abbiamo un gruppo con la redazione di genitori crescono , su cui sapete (sapete?) che scrivo. E niente, per sbaglio apro il wall, cosa che non faccio mai perché la considero una perdita di tempo (e infatti) e infatti mi trovo una discussione sulla conciliazione . Per conciliazione, per chi non fosse genitore, si intende la conciliazione lavoro-famiglia e tipicamente la conciliazione lavoro-maternità , perché la paternità pare conciliarsi meglio della maternità, col lavoro, chissà perché. Oddio, sto generalizzando. Conosco anche padri a casa in “maternità”, e non so se trovano ostacoli culturali, nel prendersi la “maternità”. Credo di sì. Comunque. Insomma, ho letto velocemente, solo qualche commento, e ho avuto il sospetto che non siamo ancora uscite dalla questione " uguaglianza o differenza ", su cui si arrovellavano le nostre seventies sorelle. Io personalmente credo che lavorare “co

Dieci anni fa, era febbraio

Era febbraio di dieci anni fa. Io ero a pranzo con la mamma del mio ex, perché era il suo compleanno. Per il suo compleanno pranzavamo al ristorante, solo noi donne. Mi ricordo che ha chiamato mio fratello, che nonna Cloe non stava bene. Nonna Cloe era molto molto miope e a volte si faceva male, quando faceva i lavori di casa. A volte la incontravo in giro, a Porta Imolese, che faceva la spesa, e lei per strada era così miope che non mi riconosceva e delle volte la vedevo che aveva due ciabatte diverse. Usciva sempre con la gonna, le calze, e un paio di ciabatte bianche come quelle che usano le infermiere. Allora, dico, nonna era normale che si faceva male. Non aveva la minima cura di sé. D’estate le piaceva tantissimo l’acqua fredda, perché soffriva il caldo, e allora metteva la bottiglia in frizer e la beveva praticamente ghiacciata e poi si sentiva male. Quella volta invece era a letto, e di fianco aveva il vuoto lasciato da mio nonno. C’era questo cattivo odore, di sporco, e tu

ALLA SAGRA DELLA CARNAZZA

L’altra sera sono uscita con una cara amica che non vedevo da un po’ e il suo nuovo ragazzo, che tra l’altro è un mio lontanoparente perché le nostre nonne erano sorelle. E allora niente, siamo andati a mangiare a una sagra di campagna perché alle sagre si mangia sempre veramente bene. Lei dice, andiamo a piedi, che è vicinissimo, ed erano tre chilometri, all’incirca. Io c’è da dire che con le bimbe, i tragitti più lunghi che faccio sono quelli necessari per arrivare alla macchina, ma in effetti camminare mi piace sempre e poi per la campagna, in questa stagione, è proprio bello. Tipo che vedi i campi piatti e a ovest il cielo rosa. Alla sagra si erano persi la nostra comanda e abbiamo aspettato un’ora per mangiare, quando alle sagre aspetti dieci minuti a dir tanto. La pasta all’uovo in genere è la cosa migliore che fanno, alle sagre romagnole. Sarà che a me la carnazza non piace granché e la piadina non è buona uguale dappertutto. Per dire, a me fa schifo la piadina di Faenza e m

ARREDARE CASA CON POCHI EURI

A fine mese mettete i centestimi uno sull'altro? Vi dirò: non è necessariamente un male. Certo, quando uno si trova nella posizione di farsi staccare il gas non è piacevole. So cosa si prova: da ragazzina facevo spesso la doccia dalle amiche o da mia nonna. Per un adulto può essere romantico; da ragazzino ti senti che vali meno degli altri, e senti che forse è anche un po’ colpa tua. Anyway. Quello che volevo dirvi, in alcuni dei post che produrrò per questa fantastica rubrica che volendo essere pedanti non è una rubrica ma un tag, è che potete risparmiare, nella vita, senza sentirvi inferiori agli altri. E se rinunciate al consumismo, vi potrebbe succedere quello che è successo a me: uno stipendio, tre figlie, alcuni sacrifici, ma non è mai stato un problema pagare la bolletta del gas, perlomeno. E neanche il dentista privato quando ce n’era bisogno. Si tratta di essere fantasiose, di non dare per scontato quello che la pubblicità dà per scontato: cioè che abbiamo bisogn

UN'ISTRUTTIVA SESSIONE DI YOGA

L’altra sera le brulline erano con il Donatore e sono stata a quella che doveva essere una “passeggiata esperienziale” con un’insegnante di yoga che conosco, ma che poi è stata a tutti gli effetti una seduta in palestra, per via che pioveva. Tanto per cambiare, aggiungerei. In realtà all’ultimo momento mi era passata la voglia di andare perché mi ero infilata in un libro, e sapete, per me non è scontato arrivare a casa, mangiare un surgelato e infilarmi dentro a un libro, a piacimento e in silenzio. Però, siccome a yoga dovevo andare con una collega, non volevo impaccarla. Perché lei è una di quelle persone che mi fanno sentire meglio con me stessa. A volte mi carico di aggressività e di nichilismo (non vorrei, ma spesso la mia vita è sopravvivenza), e non mi piace la mia tirchieria nel concedere stima. E quando ho a che fare con lei, mi sento sollevata perché mi ricordo che ci sono individui che stimo come persone e come professionisti e allora mi dico, fiù, allora non sono catti

Ho ricevuto vestiti per le bimbe

Ho ricevuto un sacchetto di plastica di un negozio sportivo, con su scritto il tuo nome a penna e “per le bimbe”. Le bimbe. Sono tutte t shirt e felpe. Colorate. Qualcuna doppia, di colori diversi. Di cotone, soprattutto. E un vestito. Sono tutti abiti da adulta in miniatura. Da adulta che sente un piacere strano, quando riesce a entrare in un abito da bambina. Casualità, o forse no, o forse suggestione, tra gli abiti un fazzoletto di stoffa bianco e rosa. Per le lacrime. Ora quegli abiti non ti vanno più bene e te ne sei liberata, perché non pesi più come un'adulta in miniatura. Spero che anche il fazzoletto non ti serva più, almeno per un po'.

Al concerto di Mannarino

Qualche giorno fa un tipo rasta con gli occhi verdi, in mensa, ha letto sulla mia mano “comprare biglietti Mannarino” (no, non è che mi ha letto la mano, mi ero scritta un appunto), e mi ha detto vai a vedere Mannarino? No perché io l’ho visto, è bravo ma molto timido. E l’altra sera, quando mi sono trovata a pochi metri dal palco, me ne sono accorta, che era molto timido. Perché sembrava uno che credendo di essere in un locale scalcinato, si trovava invece in un teatro pieno e con pure un tot di bimbiminchia tipo anch’io che facevano la ola e gridavano Ma-nna-ri-no Ma-nna-ri-no. Io ho chiesto a Bina se secondo lei non dev’essere tremendo e stupendo, essere lì di fronte a un teatro pieno che ti chiama e che è lì per te. Lei dice, no, se fai quello che ti piace non pensi alla paura. Ma non ne sono mica certa. Io al suo posto mi chiederei cosa diavolo ha nella testa tutta quella gente e che cosa si aspetta da me, e avrei paura, molta. Apparte che sogno tantissimo di avere tutti i

Primo Maggio

Nei giorni come questo penso a mio nonno Gino. Vorrei che entrasse da quella porta chiamando “D’la ca’! J’é inciô?” (Della casa! C’è nessuno?). La domenica mattina lui faceva visite. Era piuttosto invadente: faceva il giro della casa e valutava, poi usciva e passava all’amico o al parente successivo. Le sue visite cominciavano presto, quando la gente dormiva e terminavano prima del pranzo, ce aveva luogo a mezzogiorno in punto. Da piccola non mi ero accorta che il nonno era un rompipalle. Mia madre, sua figlia, lo adorava. Penso che fosse l’unica persona al mondo che mia madre adorasse. Tutti lo adoravamo. Parcheggiava il camion (di lavoro faceva i traslochi) sotto casa, riconoscevi il suo suono quando arrivava. Odorava di nafta e alcol. Beveva un po’. Forse molto, anche a colazione metteva il cognac nel caffè. Però non l’ho mai visto stare male o fare cose strane, quando beveva. Salivamo tutti tranquillamente sul camion con lui. Una volta ricordo che andammo a fare una grigliata