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Dalla parte dei bambini?

Allora leggevo la Lipperini, come vi stavo dicendo nel mio scorso post.
"Ancora dalla parte delle bambine" dovrebbe essere il sequel di "Dalla parte delle bambine" di Giannini Belotti, che negli anni 70 analizza il modo in cui la società insegna o suggerisce alle bambine di prendere atto della propria inferiorità femminile e quali sono i comportamenti che si convengono al loro genere.

Purtroppo negli anni 2000 non è cambiato niente. Voglio dire, abbiamo un bel dire, da adulte e adulti, che bisogna condividere le faccende domestiche e che è giusto percepire lo stesso stipendio e avere le stesse opportunità di carriera, se poi i libri scolastici delle nostre bambine continuano a parlare della mamma che va al mercato a comprare le mele. Non è banale.
Per curiosità, ho fatto qualche domanda a Carolina, pur sapendo quello che mi avrebbe risposto, come bambina cresciuta in una famiglia di sole donne, senza la televisione, senza la parrocchia, e con una madre il cui ruolo in famiglia assomiglia tanto a quello che lo stereotipo attribuirebbe al maschio.

Le mie figlie e mio fratello

"Carol, secondo te, se ci sono un bambino e una bambina, chi dei due gioca alle biglie e chi alle bambole?"
"Suppongo dipenda dai gusti personali"
"E a casa, chi dovrebbe lavare i piatti?"
"I genitori e i figli"
"E chi dovrebbe allattare i bambini, in una famiglia, secondo te?"
"Bè, la titta ce l'ha solo la mamma, ma il biberon lo possono usare sia il babbo che la mamma che altre persone. Non ho capito perché mi stai facendo queste domande stupide però"

Detto questo, più leggo di donne, di sessismo, di socializzazione e più cerco di convincere i maschi che ho attorno, più mi sento solidale anche nei loro confronti. Non che io stia diventando maschilista, ovviamente. E continuo a pensare che a noi femmine butta peggio. Ma per ogni stereotipo idiota che ci viene imposto, ne rilevo uno parallelo al maschile.
Faccio un esempio: l'altro giorno mi è arrivato il catalogo di Mondo Convenienza e ho notato che, alla voce "letti", i due modelli erano intenti nelle seguenti attività. Lui: simpatico e in pigiama, legge la Gazzetta. Lei, in sottoveste rossa, è stesa e aspetta languida.
Possiamo anche pensare che lo stereotipo maschile è più neutro, meno limitante, mentre lo stereotipo affibbiato alla ragazza, quello di un oggetto seducente, non ci piace.
Ancora. Zona cucina. Lui mangia un'arancia, lei trasporta stoviglie (ci immaginiamo stia servendo a tavola).
Vi devo dire la verità. Se non stessi leggendo la Lipperini, non ci avrei fatto caso. Non perché io sia una tipa acritica, anzi. Semplicemente perché il catalogo sembra innocuo e anche a voler puntualizzare, non è certo il peggio che si trova in giro.
Voglio dire, non stiamo parlando di cose pietose come queste.

foto presa dal gruppo FB La pubblicità sessista offende tutti

foto presa dal gruppo FB La pubblicità sessista offende tutti

Ma un uomo, che fatica fa a prendere coscienza del fatto che tutto questi stereotipi limitano anche lui?
In fondo, il modello di Mondo Convenienza non è una rappresentazione offensiva del maschile; e anche la donna, non è certo più offensiva di una velina in tv. Anzi, se ci spostiamo ai salotti, il modello e la modella sono quasi pari: lui legge, lei beve una tazza di tè. Non è che lui si rilassa e lei gli serve il caffè o lo massaggia. Tutto bene. O quasi.
Però resta il fatto che nei libri di scuola lui gioca alle biglie o va in bicicletta mentre il babbo lavora e la mamma cucina; che i giocattoli per lui stimolavano il movimento e la destrezza, mentre sua sorella doveva giocare a farsi bella; resta il fatto che chi lo ha accudito è stata sua madre, sua nonna, la babysitter e la maestra; resta il fatto che da adulto le pubblicità che si rivolgono a lui, non so, tipo le pubblicità di macchine sportive, hanno come accessorio una donna provocante e "pronta".

A livello individuale, lui a un certo punto potrebbe prendere coscienza del fatto che può e deve contestare tutti questi messaggi che, sin da quando è nato, gli si rivolgono quando è acritico. Ad esempio, mi dico, un uomo, a un certo punto supera la confusione che gli provoca la rappresentazione del maschio e del bambino come vivace, con i super poteri, e dotato di forza fisica; e la triste realtà, e cioè che invece deve tenere un atteggiamento rispettoso delle regole, a scuola o altrove, anche se poi quando fa delle cazzate consone al suo genere, si chiude un occhio, confondendolo ancora di più.
 Senza dubbio, non diventerà uno stupratore pur essendo bombardato sin dalla culla di immagini di donne ipersessuate, e pur avendo ricevuto una prima educazione sessuale dai porno, dove la donna è spesso rappresentata come una vittima a cui però sotto sotto piace.

Il punto, secondo me, è che quando gli uomini prendono coscienza di queste realtà, rispetto al loro genere*, sono soli, e questa presa di coscienza, pubblicamente, sono tenuti a ignorarla, o quasi. Perché quelli che si prendono il congedo di paternità in alcuni ambienti di lavoro sono un po' esposti al pubblico ludibrio (in altri casi, quando guadagnano di più della compagna, ovvero spesso, la scelta di non godere del congedo è una scelta economica; e ci sono anche i casi in cui è lei stessa, a considerare l'accudimento del bambino come una sua prerogativa).
Perché se un uomo vuole fare il maestro d'asilo, credo che dovrà superare un po' di scherno, dall'università (di sole donne), in poi.
Oppure ce lo vedete, un maschio, a condividere con gli amici del calcetto emozioni come tristezza, paura, felicità? Che reazioni provocherebbe se parlasse di sé in termini non machisti?
Secondo il mio amico Lorenzo Gasparrini definirsi "femminista" suscita le risatine.
Quando elaborano questi concetti in genere non li elaborano come "categoria" ma come individui, addirittura in opposizione al contesto.
Se io critico il maschilismo, in via teorica mi danno tutt* ragione; se lo dice un maschio al baretto lo pigliano in giro. Certo, probabilmente scherzano. Ma fino a che punto?

E quindi la fatica di essere un uomo non sessista è doppia, e l'ammiro, sì.


* per semplicità, sto partendo dal presupposto che esistono solo due generi: maschio e femmina. Trattasi di una classificazione molto grossolana, in realtà.

Commenti


  1. La prima pubblicità è abbastanza divertente. Probabilmente è anche veritiera.
    Sai che ci sono fidanzati che non sanno preparare una moka o una pasta al pomodoro con un soffrittino? Pensi che gente di questo tipo potrà mai prendere coscienza di qualcosa?

    Comunque, quelli che ci riescono, si rendono conto che gli conviene che il mondo resti com'è, perchè se la parità dei sessi significa che devo mettermi a pulire la casa anch'io e lavare il bagno e lavare i piatti e ogni tanto far partire anche la lavatrice meglio che le donne stiano dove sono.
    Posso benissimo fingere di essere più scemo di una lavatrice, la juve ha fatto una partitona, le tette di Belen sono la fine del mondo, la nuova audi è una cannonata, rutto sonoro, prendo un'altra birra.

    Credo il mondo funzioni così.

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    1. Bill sì, funziona così, ma nessuno ci vieta di essere diversi, e noi lo siamo, credo o spero.

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  2. Mi sa che a breve, se posso, uso il tuo post come riflessione.
    A tante cose non ci avevo pensato, con altre, purtroppo mi scontro quotidianamente.

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  3. Vivo a Copenaghen e qua é normale che i padri prendano la petrnity leave, portino a spasso i neonati da soli, accompagnino e vadano a prendere i bambini al nido e scuola. Sul lavoro nessuno può nemmeno lontanamente Storcere il naso se esci prima perché devi andare alla recita a scuola o se stai a casa per curare i figli malati. poi gli rode eh, ma non lo possono far vedere, é scorretto. E i padri si assento per motivi famigliari quanto le madri. Negli asili nido e alla materna ci sono sempre maestri ed educatori maschi (di ogni tipo, dal tatuato all'uomo di mezz'età, al brufoloso). Il preferito di mio figlio per esempio é alto 2metri, sempre con calzini e sandali, capelli grigi e occhiali, bravissimo, secondo lui, ad accendere il fuoco anche quando piove (mai rinunciare al pic nic se piove!) e a consolare i bambini che piangono. E il 90% delle donne lavora fuori casa. Forse bisognerebbe partire da qui perché noto che poi i messaggi pubblicitari seguono la società (per dire, nessuna donna nuda nella pubblicità dello yogurt!!!). Poi mia figlia grande fa la scuola di italiano al sabato e nel suo libro di lettura c'è la mamma che arriva tardi a prendere i figli a scuola perché è andata dal parrucchiere. E mi deprimo...

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    1. Mi piace tantissimo l'idea del maestro d'asilo.

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    2. Mio marito è un educatore di asilo nido da 5 anni. Non hai idea di quanti stereotipi al contrario abbiamo visto in questi 5 anni. E viviamo in una grande città.
      La cosa triste è che il mobbing l'ha subìto anche lui un anno, da colleghe che non lo ritenevano capace di fare il suo lavoro.
      Quello che è stato invece molto bello è stato il supporto dei genitori, i bambini che lo adoravano, e i padri che gli chiedevano consigli.

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    3. Mio marito è un educatore di asilo nido da 5 anni. Non hai idea di quanti stereotipi al contrario abbiamo visto in questi 5 anni. E viviamo in una grande città.
      La cosa triste è che il mobbing l'ha subìto anche lui un anno, da colleghe che non lo ritenevano capace di fare il suo lavoro.
      Quello che è stato invece molto bello è stato il supporto dei genitori, i bambini che lo adoravano, e i padri che gli chiedevano consigli.

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    4. Di recente si vedono anche più ragazzi che si presentano come educatori di nido, ma sono veramente mosche bianche. Eppure da che siamo 'addentro' questo mondo, ci siamo resi conto che ci sono - per fortuna - molti genitori e anche colleghe che sarebbero ben felici di avere più uomini nelle classi, perché i bambini avrebbero anche più riferimenti verso una figura maschile che educa fin da piccoli. Purtroppo però ci sono ancora montagne di pregiudizi, e molte, moltissime donne che si comportano in maniera discriminatoria verso uomini che scelgono di fare i cosiddetti 'lavori da donna'. La strada è ancora tanto in salita anche da questo lato.

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  4. Bellissimo post, sono estremamente d'accordo. Era carino (anche se poco approfondito) anche il numero del National Geographic sul gender. Sarebbe interessante capire come i modelli di genere cambino a seconda del luogo di nascita, come e se ci sia una globalizzazione anche da questo punto di vista.

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  5. Condivido molto quelli che dici, Io ho letto "Dalla parte delle bambine" di Elena Gianini Belotti, che è bellissimo, attuale, e che solleva subito i tuoi stessi dubbi. Il fatto cioè che il pregiudizio di genere sia una prigione anche per i maschi. Che siano proprio gli uomini a perdersi qualcosa quando sfuggono ai compiti di "Cura" della famiglia in senso ampio. Il fatto che non abbiamo insegnanti maschi, ad esempio (soprattutto nella scuola primaria, all'asilo e al nido) è un sintomo davvero brutto, ed è anche causa di ulteriori stereotipi. Invidio la situazione che descrive V@le per Copenhagen. Poi mi fa arrabbiare molto che quando si parla di favorire la parità di genere, di solito si parla di quello che le femmine dovrebbero fare "credere in se stesse, studiare le discipline STEM, buttarsi nel mondo del lavoro, dedicarsi al coding etc etc". SI pensa che si debbano educare in modo diverso le nuove generazioni di femmine e raramente si dice che i maschi dovrebbero dedicarsi alla pedagogia e all'accudimento. Davvero volete una parità di genere nel mondo del lavoro ? beh allora o facciamo tutti part time e ci dividiamo i compiti oppure avere più donne nel mondo del lavoro può solo significare più uomini a casa a lavare il pavimento, curare gli anziani etc etc.

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  6. Proprio l'altro giorno parlavo con una mia amica (che abita a Bologna quasi a San Lazzaro, papà sindacalista e mamma dipendente pubblico, due settimane di vacanze ogni anno) che studia scienze della formazione a Bologna, e lei ha affermato "ma quali maschi fanno i maestri delle elementari" e subito dopo "sì, qualcuno, ma normalmente i maschi non si trovano a loro agio con bambini di quell'età".


    Credo davvero che la strada per gli uomini sia dura.

    Lia

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    1. In effetti essere diversi o prendere la strada del non sessismo non dev'essere facile neanche per loro.

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  7. Mi sono trovata a fare le tue stesse riflessioni (o qualcosa di simile) al termine della lettura del libro della Lipperini, e ancor di più al termine del libro della Gianini Belotti che qui citi.
    Sono madre di tre femmine come te, solo che le mie bambine sono più piccole delle tue e più spalmate in età, credo quindi di essere ancora fortunatamente al riparo da alcune problematiche sociali che inevitabilmente le riguarderanno (in quanto donne e in quanto individui), meno da altre. E il sentimento che ha prevalso dopo la lettura dei due libri è stata una sgradevole sensazione di assedio, come se da ogni lato piovessero segnali e input negativi, volti a influenzare la loro percezione di sé in modi che io mai avrei voluto, e il brutto è che a volte, involontariamente, essi provengono anche da noi, o da persone a noi vicinissime. Prendere atto e coscienza di questi meccanismi è senz'altro il primo passo, una prima difesa. Offrire altri modelli, una molteplicità di declinazioni del reale è una possibile contromossa, ma poi alla fine so che il grosso del lavoro spetterà a loro, quando si troveranno dentro la società e saranno costrette a fronteggiarla, a trovare al suo interno una collocazione, che potrà essere critica, o contro, ma che sempre implicherà una messa in discussione di se stesse se non corrisponderanno a quanto la società si aspetta.
    Mi rendo conto che lo stesso discorso varrebbe anche per dei ragazzi, implicitamente istradati a interpretare il ruolo di machi superficiali privi di spessore interiore, Però, come diceva la Belotti, nella loro vita riceveranno comunque una quantità sufficiente di rinforzi positivi tali da non arrivare a mettere in discussione il proprio valore come persona. Per essere una donna ed arrivare allo stesso risultato bisogna spesso andare contro, e doverlo dimostrare, è ancora così, malgrado il femminismo, malgrado il nuovo millennio e le campagne per le pari opportunità. Insomma non so se riesco a spiegarmi: verissimo quel che dici sulla necessità di liberare anche gli uomini dal sessismo, ma è pur vero che un uomo può vivere pienamente la sua vita e la sua mascolinità anche se non arriva a prendere atto del discrimine di cui è vittima. Il viceversa non è altrettanto vero.

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    1. Grazie per la riflessione. Sul primo punto sono d'accordo: per quanto la mia famiglia a volte mi sembri un piccolo mondo abbastanza giusto, il mondo è là fuori, e io non ci sarò. E va bene così.
      Per quanto riguarda il maschile, io non volevo dire che i maschi subiscono le nostre stesse discriminazioni e limitazioni. Volevo dire che perché le cose vadano nel verso giusto, c'è bisogno che ne prenda coscienza anche l'altro genere, e se l'altro genere non può esprimere opinioni non sessiste in pubblico, è un problema.

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