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Storia di un raccontafrottole

Lo chiamerò Cangini, per rendere l’idea.
Ma non è il suo cognome vero, che renderebbe ancora di più l’idea. Non ricordo come finii in quel posto di lavoro, però ricordo che erano le vacanze di Natale e si stava per concludere il mio primo semestre all’università. Avevo dato l’esame di Scienza della Politica e avevo preso 28. Mi ero appena messa con il Donatore. Non avevo ancora vent’anni.

Cangini era un quarantenne grasso, pelato, con dei baffi neri a spazzolone. Vestiva sempre la camicia, dozzinale, da grandi magazzini. Sudava. Aveva la parlata calda e cordiale da maschio affidabile di mezz'età, da babbo o da nonno, e infarciva sapientemente i discorsi con un poco di dialetto. Era il classico assicuratore raccontafrottole.
Gli avevano affidato un ufficetto in un comune che sarebbe dimenticato da dio, non fosse altro che se ne sta tra campi piatti, autovelox e via Emilia, la quale, con camion e nuvole di gas di scarico, ne squarcia la piazza principale, dandogli un po’ di vita.

Mi ingaggiò nella sua assicurazione. Si dimenticò di dirmi che di lavoro dovevo vendere, o fui io a non capirlo perché non ero molto sgamata. Mi promise un lavoretto di assistenza ai suoi due agenti e un piccolo fisso, che considerai proporzionato alle ore lavorate. Mi diede anche un mio ufficio, che era completamente spoglio, c’era solo una scrivania con un telefono di quelli bianchi con scritto SIP e dei cassetti pieni di A4 con numeri di telefono. In sei mesi non vidi mai un soldo. Quando, a giugno, andai dal suo principale, in sede, a lamentarmi, quello mi guardò rassegnato da dietro la scrivania, troppo piccolo per le spalline della sua giacca. Mi disse mi dispiace ma fondamentalmente se ne sbatteva il cazzo, forse perché io avevo appena vent’anni e non avevo un babbo che facesse la voce grossa, forse sembravo un’isterica, anche se pensavo di no.
Uno degli agenti era un ex camionista infortunato quarantenne, divorziato e senza un soldo, e gli volevo bene. Cangini aveva convinto anche lui che quello era un lavoro vero e gli aveva procurato una Panda di terza mano per andare in giro a chiudere polizze e a distribuire quietanze. L'altra agente era una pensionata affabile, che chiudeva contratti mentre giocava a beccacino al circolo arci, parlando di suo figlio ingegnere, per la gioia della mamma non ancora irretito da una ragazza.
Cangini stava in ufficio e usciva per gli appuntamenti più importanti, quelli dove si immaginava di chiudere qualcosa. Tipo quando uno dopo vent’anni riscattava una polizza, lui usciva a portargli l’assegno e sperava di fargli investire i soldi in una nuova polizza. In genere questo non avveniva: i clienti in vent’anni spesso non riscattavano neanche il totale dei soldi versati, figuriamoci gli interessi, col cazzo che li “investivano” di nuovo. Forse c’è riuscito con qualche vecchio. Forse perché era un maschio quarantenne di quelli che sembra che conoscano il loro lavoro, se non altro perché si suppone lavorino da vent’anni.
Cangini faceva finta di avere l’amante. A volte ci strizzava l’occhio e con sguardo complice e malizioso e si chiudeva in un ufficio a telefonare. Però dubito avesse l’amante. Era più probabile che parlasse con la sua vecchia madre oppure con l’idraulico, o con una delle sue figlie. Le sue figlie erano due adolescenti un po’ dark nei modi, ma non nell’aspetto. Cioè, una volta sono entrate nello spoglio ufficio nel paese tra la via Emilia e il west, e non hanno salutato. Forse erano solo timide. Lui diceva di avere un gran bel rapporto con le figlie adolescenti. Ma era solo un assicuratore raccontafrottole.
A giugno me ne andai a fare la commessa. Non lo rividi più, ma credo che dalla sede centrale, dopo un po', gli fecero chiudere l'ufficetto: il camionista non vendeva abbastanza e la pensionata, forse, smise di andare al circolo del beccacino quando suo figlio si dichiarò omosessuale. In realtà, lo sapevano già tutti.

Commenti

  1. Polly i tuoi racconti sono semplicemente deliziosi.sei una scrittrice nata!ti prego scrivi un romanzo,ambientato tra la via Emilia e il West.

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  2. io attendo solo che tu scriva un romanzo!
    brava vale.. scrivi molto bene.
    te l ho già detto tante volte, ma voglio ripeterlo!
    brava brava brava
    Sabri

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  3. Ragazze, strano, ma questo post piace anche a meeeeee! Ma la dicitura "Tra la via Emilia e il west" è una citazione :D

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  4. E se la vecchia avesse fatto il botto con il beccacino?

    Bello, mi è piaciuto

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  5. Passavo di quiaprile 28, 2016

    Bel racconto, sconsiglio invece dallo scrivere romanzi: quello che importa si può scrivere in poche pagine. Sul contenuto poi, ricalca l'esperienza di una mia conoscente che anche lei lavorò gratis vendendo polizze, guarda caso nella pianura pontina profonda tra l'Appia e la Mediana. Il che mi fa pensare che non sia una pratica tanto rara nel mondo assicurativo di provincia. Peccato che ci sia qualcuno che non riconosce le citazioni di un emiliano "in odor di Toscana".

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    Risposte
    1. Dopo l'università, ho lavorato in una seconda assicurazione, molto seria: mi sono accorta però che se raccontavi la verità alla gente, non comprava. Ne ho parlato qui: http://www.volevofarelarockstar.com/2014/04/di-quando-capii-che-alluniversita-mi.html

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