Passa ai contenuti principali

Come immagino le Brulle tra dieci anni

Mi chiedevo come saranno le bimbe tra dieci anni; come saranno, tra dieci anni, gli adolescenti di oggi che non vedono più la possibilità di un futuro, che pensano che moriranno a trent'anni.

Io che faccio parte della generazione dei più grossi looser della storia, i millennial nati nei primi anni ottanta, ho sopportato la fisiologica inquietudine adolescenziale sognando fortissimo un futuro. Lontana dalla mia famiglia, lontana dalle case popolari. Un futuro dove non c'erano le siringhe nei parchi e dove non c'era il gas staccato in casa. Un futuro dove il frigo era sufficientemente pieno e dove non avrei lavorato più in fabbrica, d'estate, per pagarmi le uscite.


Ho superato quegli anni dove mi sentivo in gabbia, solo perché credevo che un giorno sarei potuta volare via, che non avrei rifatto gli errori di mia madre, che là fuori ci fosse qualcosa anche per me. Forse sarei stata anche io come quelli che avevano un lavoro in ufficio, telefonavano a scrocco, prendevano le baby pensioni, evadevano le tasse; forse avrei avuto una cazzo di vita normale. O forse no. Se l'ho pensato, è durata poco.

Gli adolescenti di oggi, per lo meno quelli che pascolano a casa mia, non credono che il futuro esista davvero. E la cosa triste è che anche il presente fa piuttosto schifo, quindi che resta? Non ci sono neanche più le discoteche e i concerti, la scuola abbiamo scoperto che è dispensabile, lo sport è intermittente e solo se i tuoi genitori ti hanno fatto il green pass. Sennò ti devi nascondere persino sui mezzi pubblici quando vai a scuola, persino se hai il biglietto o l'abbonamento.

Mi chiedevo come saranno le bimbe tra dieci anni, loro che credono che dopo i trenta c'è una specie di buco nero in attesa della morte. E mi dicevo, no?, che vorrei che stessero bene, e che potessero essere loro stesse. Vorrei andarle a trovare e vederci con gioia, con la consapevolezza che i brutti ricordi appartengono al passato. 

Poi la mia mente ha divagato e mi sono detta che in realtà, nella mia esperienza, il dolore - dico quello del cuore perché quello del corpo non lo conosco - dicevo il dolore è che come se avesse un limite massimo. Non so, come l'acqua che bolle a cento gradi. Credo che quando arrivi a una certa soglia di sofferenza, o impazzisci, oppure, come l'acqua che bolle, ti fermi. Per dire: io mi sono dovuta spesso confrontare con ciò che mi terrorizzava - ho questo karma di merda qui - eppure non sono morta di dolore; d'altra parte, una volta, ho avuto una banale delusione d'amore che mi ha letteralmente stesa. Qualche anno fa sono uscita per più di due anni con questa persona con cui ero veramente infelice: era una specie di relazione sempre tutto sull'orlo della fine e dio solo sa quanto io tema l'abbandono. Quando poi, come previsto, lui è partito per l'altra parte del mondo per una vita tutta surf e startup, io piangevo tutto il giorno e facevo gli incubi la notte, e mi dicevo: "come diavolo si può aver superato la morte del padre a otto anni e soffrire così per una cosa che non si può neanche chiamare amore?". 

Bè, la verità è che questa relazione riportava a galla tutti gli abbandoni che avevo subito e nascosto per anni, e mi sbatteva in faccia continuamente traumi mai superati, ma questa è un'altra storia.

È questo quello che intendo con la storia dell'ebollizione a cento gradi. Che c'è una soglia di sofferenza massima, oltre a quella non puoi fisicamente stare più male. Non è questione di quanto un problema sia oggettivamente grande, è questione di quali strumenti hai tu per affrontarlo. Voglio dire: se un tuo amico muore in un incidente, sei al massimo del dolore; se in quella macchina gli amici erano due sei sempre al massimo.

E comunque tutto sto preambolo per dire: t'immagini, le bimbe tra dieci anni...abbiamo superato i problemi, hanno una casa loro, degli amici, un lavoro che le soddisfa...e poi magari mi soffrono per amore e piangono più che adesso.

Che poi sarebbe normale eh. È la pretesa di essere sempre felici che è una bugia bella e buona. La vita non è essere felici. La vita è essere vivi. E io lo sono, e voi lo siete, perciò.

Comunque, auguro alle bimbe di non sentirsi sole, tra dieci anni.

Commenti

  1. Come sempre un'analisi che condivido, sarà che mi trovo nel tuo stesso stato d'animo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Tutto passa: ci credo tantissimo e vado avanti così. :)

      Elimina
  2. La vita è essere vivi. Bello!
    Davvero quello che si ha dentro fa la differenza sul come uno vive la vita o ci sopravvive o ci sonnecchia...Non è solo una questione di volontà, ma di così tanti fattori, di ciò che hai vissuto durante l'infanzia, del tuo temperamento. Io che sono una malinconica lagnosa, trovo sempre tutto sbagliato e triste. Eppure sta arrivando la primavera e come dice la mia dottoressa: sogni la libertà? Vai in montagna nessuno può chiederti niente, lì tutto ti appartiene.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. È bellissima questa cosa della montagna, grazie di averla condivisa. Quando sono in mezzo al verde il mio umore cambia come per magia, è una cosa pazzesca.

      Elimina
  3. Non sono madre e non lo sarò, tuttavia anche io mi soffermo a pensare cosa succederà quando i miei nipoti saranno grandi, quando vorranno e pretenderanno un futuro. Quest'ultima parole certe volte perseguita anche me che come te sono una Millennial. Non amo le categorie ma mi sento una fiera 42enne che ha vissuto l'adolescenza negli anni novanta. Credo che la nostra unica fortuna sia questa, di aver vissuto le tappe decisive in un tempo non perfetto ma vivibile. Noi aspettavamo davanti alla cabina telefonica per chiamare i nostri amici al mare, oppure il fidanzatino di turno. Aspettavamo settimane una lettera e giorni per vedere il nostro cartone animato o serie tv preferiti. Insomma abbiamo imparato a conquistarci le cose che desideravamo perché anche se poche c'erano e potevamo guardare al futuro. Non so come sarà il futuro degli adolescenti odierni, forse torneremo alle cabine telefoniche o forse no, ma credo che nel nostro piccolo dovremmo aiutarli ad avere almeno un'idea di futuro. Soffrire, amare, respirare è tutto ciò che nessuno ci potrà togliere e fino a quando sentiremo avremo una possibilità :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Certo, credo davvero che gli adolescenti siano su una nave che va guidata. Non solo dai genitori, ma da tutte le persone con esperienza di vita e buon cuore. E loro stessi devono contribuire, trovare i loro talenti e arrivare pronti, saldi e soprattutto vivi.

      Elimina
  4. A me spaventa terribilmente quanto la nostra vita sia cambiata e quanto io non sia pronta per tutto questo. A quanto sia nostalgica della mia adolescenza e di vederla così diversa da quella che stanno vivendo i miei figli. Ho paura per loro, tanta, del pensiero uniformato, del concetto di ‘democrazia’ che ci stanno vendendo e paura della solitudine, quella sì. È pura della povertà, quella culturale, di pensiero, di cuore e anche economica. Nel giro di due anni il mondo è irrimediabilmente stravolto e ahimè, non sono pronta

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Le cose sono molto cambiate, ma io credo che loro come generazione dovranno per forza trovare una quadra. I nati nel 2004 vanno a votare, guidano, molti lavorano o studiano per essere domani i nostri amministratori, i nostri filosofi, i nostri imprenditori, i nostri medici, qualcosa si dovranno inventare per tenere in piedi questo posto di merda che gli stiamo lasciando.

      Elimina
  5. mi piace quel che hai scritto . mi ricordero' dell acqua che bolle... grazie

    RispondiElimina

Posta un commento

attenzione: i commenti ai post più vecchi di 14 gg vengono moderati! A causa del troppo spam ho disattivato le notifiche via email per i commenti in attesa...ma prima o poi li modero.