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La situa un anno dopo

Al mattino porto il Bestio a fare una corsetta al parco e spesso faccio i confronti con un anno fa, quando eravamo in lockdown, e non so se ci sono reali analogie o è il post traumatic stress che parla. 
Già, il post traumatic stress, il mio punto debole. Sono un bulldozer quando ho problemi, ma poi quando è tutto a posto divento preda dei mostri, della paura di finire di nuovo nel fondo del cesso, in attesa che qualcuno tiri lo sciacquone. L’altra volta avevo risolto con l’EMDR, ma non ho quasi fatto in tempo a godermi la pace che è arrivato il covid. 
Così faccio i confronti, la mattina al parco. Non c’è più quel silenzio irreale. C’è un po’ di traffico, ma poco, quello tipico di un quartiere residenziale, al mare a Rimini, d’inverno. C’è un cantiere. Ci sono altri cristiani col cane. Quando si incrocia un essere umano, non si fa più un balzo indietro, io a dire il vero non l’ho mai fatto, con o senza mascherina; io a dire il vero non ce la faccio ad avere paura dei miei fratelli, non respingo mai gli amici che mi abbracciano, ma neanche gli sconosciuti che, con la tipica estroversione riminese, ogni mattina mi parlano mentre i nostri cani si annusano il culo felici.



Sociopatici pochi. Tra i contatti stretti, nessuno. 
Rispetto a un anno fa è peggio, anche se non c’è più quell’aria da fine del mondo imminente. Aveva ragione Fausto, quando l’estate scorsa diceva che eravamo come i violinisti del Titanic, in attesa di affondare. 
Rispetto a un anno fa, ho lasciato l’azienda dove stavo bene. Da dieci anni faccio marketing e comunicazione. Cinque anni li ho passati in un’azienda di intermediari turistici: promuovevo voli e hotel, e a un certo punto non facevamo altro che restituire soldi di voli cancellati. Mi chiedevo se il 10 del mese avrei visto lo stipendio o almeno la cassa integrazione. Il primo arrivava, la seconda quasi mai, forse il mese dopo. 
A conti fatti devo dire che il cambiamento è stato positivo: nel mio lavoro ogni tanto bisogna cambiare, e poi i creativi hanno bisogno di sfide, di esperienze sennò si spengono. A livello emotivo però non è stato facile. Specie perché ho dovuto prendere una decisione, fare la mia mossa sulla scacchiera della vita. Non vorrei che la vita fosse una scacchiera, davvero. Io per natura sono passiva e tranquilla: dover sempre decidere e guidare è per me una fatica immane.
Ho perso alcune persone care, nessuno per il covid. Nella vita ho perso tantissime persone care e anche persone molto care, ma ora è diverso, ora ho proprio la percezione della morte come di una conta: chi sarà il prossimo? Non ho paura, sia chiaro. Inquietudine, quella sì.
Si sono sgretolate le mie poche certezze e ancora non so dire se essere una persona più dura sia un bene o un male. E ancora non so dire se questo tipo di coraggio che esibisco io da quasi trentotto anni serva a qualcosa: voglio dire, se avessi il coraggio di scappare forse sarebbe un coraggio che mi renderebbe felice; il coraggio di sopportare tutto a chi serve? A me no, credo. 
Comunque. 
Avevo tre figlie che si affacciavano ai normali problemi dell’adolescenza, oggi ho tre figlie con un disagio più o meno grave. 
Forse passerà. Spero, credo. Resisto alla tentazione di dirmi che sono una cattiva madre: se anche fosse vero, a che mi servirebbe saperlo ora?
La mia esperienza di vita mi dice che il fondo è molto più in basso di così, e io mi sento già al limite. Essere al limite significa una sola cosa: siccome non muori, sopporti sempre di più. 
E o fai qualcosa (e io sento di non avere il controllo), o succede qualcosa, oppure semplicemente ti abitui a sopportare tutto, mentre la luce in fondo al tunnel si fa sempre più lontana e irraggiungibile.

Questa è la situa un anno dopo.
Ho letto tanti libri, ne ho scritto uno, ho preso decisioni di cui ancora non so valutare la bontà. Ho messo toppe, non mi sono mai risparmiata o difesa: la vita mi ha preso a schiaffi e ho combattuto. 
Mi si muovono delle cose dentro, cerco delle motivazioni, cerco soluzioni, combatto con infinite liste di cose da fare per galleggiare sempre meglio. Mi chiedo sempre un po' di più. Resisto, funziono. Funziono, cazzo. Sono una fottuta psicopatica funzionante. 
Sorrido, sorrido spesso. Mi dicono: "Sembri zen".

Bestio e Mici infine, non sono cambiati per niente.
Ogni mattina Bestio esce di casa a testa alta, e ritorna a testa altrettanto alta. Lui è sempre orgoglioso di me, per quanto a pezzi io possa essere o sgangherata io possa sembrare.

So che ne uscirò, ma non so con chi.

Commenti

  1. È stato un anno orrendo. A noi ha tolto un futuro che credevamo di conoscere. Ci ha costretti a fare scelte drastiche e pesanti. Abbiamo dovuto cambiare paese e lingua a causa del covid. Le nostre figlie sono state scaraventare in una realtà nuova senza punti di riferimento. Tranne noi. Che abbiamo dovuto esserlo per forza anche se non sapevamo dove sbattere la testa. Poi come dici tu il fondo del baratto è un'altra cosa. Mi dispiace che le tue figlie abbiano dei problemi. Qualsiasinessi siano, chiedi aiuto.
    Un abbraccio.
    Eli

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  2. a me butta giù proprio l'idea che siamo in questa situazione del cazzo da un anno. scusate è un pensiero banale.
    Tra le cose positive ho imparato a stare in casa, cosa che mi ha sempre messo in difficoltà. Io mi rilassavo fuori , in giro , vedendo persone diverse o partecipando a eventi.. etc etc. I momenti di solitudine in casa li ho sempre rifuggiti. Ora a forza di obblighi, alla fine ho anche imparato a stare BENE nella tana, ed è una conquista. Anche se l'apatia devi proprio guardarla in faccia e reagire non è facile.
    Il tuo anno mi sembra difficile da quel che dici, ma anche davvero intenso, e viste le condizioni, è un miracolo. Insomma non mi pare ti sia adagiata in una condizione di "depressione accettabile" come è successo a molti.
    Soprattutto la scrittura di un nuovo libro è un'impresa da celebrare. Brava!

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    1. No, la depressione per me non è mai accettabile. Mi spiace che per molti lo sia diventata.

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  3. resisti, bisogna adeguarsi ai tempi e fortunatamente ne hai la capacità. Io ho un figlio che, perso il suo lavoro, è caduto in una brutta depressione e non riesce a capire che per sopravvivere basta veramente poco ed il lavoro purtroppo non è tutto, anche se nel suo caso, da single convinto, lo era

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    1. Certo. Il lavoro non è tutto. Però siamo tutti stanchi morti e questo non è auspicabile.

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  4. si davvero pesante questa situazione. Vero è che se penso ad un anno fa, alle telefonate con i colleghi terrorizzati, io lavoro dentro una RSA, oggi va meglio. Ma questo non vuol dire che vada bene. A volte viene da domandarsi se tornerà mai una normalità... ora la rabbia è per i ritardi dei vaccini, per quelli che ci stanno lasciano e che magari con uno sforzo in più da parte di tutti avrebbero potuto farcela. Bisogna tenere duro è chiaro. Ogni giorno sostengo i miei che sono anziani, dico a mia figlia che prima o poi passerà e torneremo a sorridere non dietro le mascherine. Prima che iniziasse tutto questo delirio avevamo in progetto di andare in campeggio... bene sarà la prima cosa che faremo. Un abbraccio

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  5. Ciao, sono arrivato sul tuo blog tramite il post sugli Yaoi. Ho una figlia adolescente, asperger, che mi ha chiesto di comprarle titoli come "killing stalking" e "yarikin b". Sono rimasto un po sorpreso quando ho letto di cosa trattavano ma il tuo articolo mi ha un po tranquillizzato, specialmente se penso a cosa avrei fatto io da adolescente con i mezzi attuali :).
    Vedo che siamo in tanti a "vivere in salita", salita resa più impervia dal periodo particolare. Nel tuo post parli di EMDR, non so se hai letto Guarire di David Servan-Shreiber, io l'ho trovato illuminante.
    Concordo con te che sicuramente ne usciremo, sono particolarmente curioso di vedere come sarà dopo.
    Ciao ciao

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