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Sul regionale

Mi piace viaggiare da sola, specie in treno, specie regionale. Porto sempre un libro almeno, ma non lo tiro mai fuori. Non mi serve una storia finché un paesaggio scorre fuori dal finestrino.
Sono andata a Roma in regionale, ho percorso a ritroso una parte del percorso in Umbria dell’anno scorso, quando sono andata da Spoleto ad Assisi a piedi, passando per pievi e uliveti.
Sono partita con lo zaino dal binario est di Rimini, sono arrivata al binario est di Termini, dev’essere che i vagabondi in regionale devono pellegrinare anche per raggiungere la stazione vera.
Lo zaino mi mette addosso un'idea di avventura, e poi è più comodo del trolley, ci si muove più agilmente, a parte se non lo si riempie tanto da sembrare un carapace.



Parto da Rimini un venerdì di maggio, fa troppo freddo per la spiaggia in questo maggio anomalo, ma l’aria che si respira nelle stazioni romagnole è sempre un po' l'aria delle vacanze.
Scorrono Miramare, Riccione e Cattolica, e poi si passa dalla gente allegra e operosa al verde della riserva di San Bartolo, tra Gabicce e Pesaro, che introduce le Marche e le loro colline morbide che si riflettono sul mare.
Scendendo verso Ancona, mi ricordo di quella volta che dormii in campeggio a Senigallia con la tenda così vicina alla ferrovia che avevo la sensazione di venire spostata ogni volta che passava un treno, sbuffando e sferragliando. È un ricordo dal retrogusto sottilmente sgradevole, perché so per certo che mentre passo col treno sto disturbando qualcuno.
Falconara, appena prima di Ancona, dove mi fermo a prendere la coincidenza per l’entroterra, si riconosce dalle ciminiere a picco sul bel mare, ma nel complesso l’effetto non è brutto, le industrie e i porti hanno qualcosa che mi affascina, che mi parla del lavoro, della fratellanza, delle mascelle serrate di fronte ai conti da pagare, delle lacrime cacciate indietro per non rattristare i bambini.
Mentre aspetto la coincidenza mi fermo al bar e prendo un vino dei castelli di Jesi: l’effetto di Falconara continua a essere buono, mi trattano bene e mi piace molto l’accento anconetano, sa di mare. Mi piace anche prendere l’aperitivo da sola, non lo faccio praticamente mai, dovrei.
Un tossico si fa cambiare venti euro alla cassa.
Salgo sul regionale per Roma, attraversa gli Appennini.
Ci sono Genga, Fabriano e Gualdo Tadino, il treno costeggia colline straripanti di alberi. A Nocera Umbra il cielo si apre un poco e dietro ai nuvoloni c’è un raggio di tramonto. Il tramonto in collina, lo so per lunga esperienza, non è paragonabile al tramonto al mare: il cielo ampio e limpido che si colora e il mare che lo riflette, è un film che conquista il botteghino. Il tramonto in collina invece è onesto come una proiezione in cineteca, i colori fanno il loro corso durante il giorno, poi si spengono per l'ombra, senza rimpianti, senza pretese.
A Foligno, a Trevi, persino a Campello sul Clitunno, con le sue fonti, si ferma questo treno.
Arrivati a Spoleto è buio, la pellicola verde che scorreva fuori dai finestrini lascia spazio al riflesso dell'interno della carrozza illuminata dal neon, ora dotata di vita propria, un vecchio che cerca una presa funzionante per il suo computer, vecchio anch’esso (“ha dodici anni e fa ancora il suo lavoro, a parte la batteria”, mi spiega); una famiglia che si parla piano, educatamente, senza sorridere, non capisco in che lingua, forse nello strano accento umbro.
Ci siamo quasi, mi preparo a Roma.

Commenti

  1. che bello questo post :)

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  2. "... industrie e i porti hanno qualcosa che mi affascina, che mi parla del lavoro, della fratellanza, delle mascelle serrate di fronte ai conti da pagare, delle lacrime cacciate indietro per non rattristare i bambini." ho un groppone in gola...anche a me succede la stessa cosa, sorella!
    Susanita72

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    Risposte
    1. Certo, anche a me, e non lavoro in fabbrica. C'è fratellanza in questo, non trovi?

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  3. ho viaggiato anche io con queste righe
    grazie

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