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Lucidità

Tra i tanti difetti che ho, uno è la lucidità.

Sono una specie di narratore onnisciente di questo romanzo assurdo che è la mia vita.
Conosco perfettamente ogni personaggio, e nessuno è completamente buono né completamente cattivo.
Chi merita di restare probabilmente è interessante, forse è persino un po’ assurdo, di certo ha una funzione drammaturgica. Cattivi, antagonisti e nevrotici servono sempre, che non siamo a catechismo qui.


Tutti fanno fronte a destini inaspettati e a colpi di scena: il lupo cattivo alla fine viene riabilitato, perché sicuramente ha un passato doloroso o soffre di una psicosi; il buono se la prende nel didietro perché non è davvero buono, è solo debosciato.
Io metto assieme gli elementi e guardo che succede, quasi tutti hanno un conflitto da risolvere, se la situazione è paradossale non esito a ficcarmici dentro, il parossismo ha sempre una sua estetica, anche se fine a se stessa.

Valentina non so se è la protagonista, ma è in tutte le scene, più passiva che attiva. Quello che mi scordo sempre di fare è di chiedere a Valentina come si sente, se respira ancora o se di nuovo le manca il fiato, se le sta per venire la polmonite un’altra volta.
Se chiedessi a Valentina se vuole un lieto fine, si chiuderebbe il sipario e il mio ruolo di narratore si renderebbe superfluo.

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