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Mi sono stufata del low cost

Il low cost una volta sembrava una gran bazza, perché non ci si faceva domande.

Il mio primo volo su Ryan Air l’ho acquistato quattordici anni fa! Io e la Michi siamo andate a Londra con una ventina di euro a testa. Neanche avevamo la connessione a casa, andammo a casa di Dora, ci collegammo da un fisso. L’operazione ebbe qualcosa di ieratico ed esoterico, ricordo. Viaggiare era così, prima della globalizzazione. Tu andavi e non sapevi cosa ti aspettava, spesso sapevi la lingua male e poco, non avevi connessioni con casa tua, tanto che al rientro, appena trovavi un fisso, chiamavi tutte le amiche. In viaggio, solo la mamma, dalla cabina telefonica, con la linea disturbata.

Ma torniamo alla prenotazione. Stampavi questi lunghissimi biglietti sperando che il volo pagato 20 euro fosse reale. Per essere reale era reale, ma volare, lo scoprivi dopo, non era più l’esperienza lussuosa a cui eri abituato. Ad oggi la qualità s’è drasticamente abbassata anche in moltissimi voli di linea. Benissimo, se si viaggia di più. Male, se il personale Ryan Air viene sfruttato.

Sempre a Londra, scoprii H&M. Anche quella, sembrava una bella scoperta: i cinesi stavano spopolando al mercato di Faenza con capi pessimi, di frodo, mentre H&M sembrava di qualità migliore e soprattutto a livello di design forse non assomigliava a un top brand del fashion, ma certamente non aveva nulla da invidiare a catene d’abbigliamento decisamente più costose, come l’allora molto popolare Benetton. Già allora, sapevo abbastanza bene com’erano distribuiti il reddito, il lavoro e la predazione delle risorse nel mondo, erano gli anni in cui stavano emergendo i paesi BRIC, ma non ci pensai.

Con gli anni, il low cost è diventata la normalità, e anche in mercati non di necessariamente vocazione low cost (penso agli alberghi, anche quelli di classe superiore) si è creata tutta una filiera che conta a volte decine di intermediari. Gli unici che guadagniano nella filiera sono quelli che riescono a vendere grandi volumi di prodotti e servizi – insomma, non il produttore, non l’hotel.
Un solo esempio per dimostrare quello che dico: i dipendenti degli hotel di Rimini vengono pagati così poco che si sta cominciando a fare una fatica bestia a trovare il personale. Mentre fino a 10 anni fa, i lavoratori stagionali campavano tutto l’anno con quattro mesi di stipendio in hotel. C'è da dire che ho l'impressione che si stia creando un circolo vizioso: il lavoro è mal pagato e diventa poco desiderabile. Tanta gente, tra un lavoro da stagista e un mese in viaggio low cost (beneficiando delal filiera dei lavoratori sottopagati), sceglie la seconda opzione. Insomma, oltre allo stipendio viene a mancare anche la percezione della propria efficacia nella comunità, del proprio ruolo nel mondo. Il sistema non mi fa più neanche le promesse, mi chiudo in me stesso, in un edonismo spietato che si nutre del sistema stesso.

Se tu sei un proletario, come me, inizialmente nel low cost ci caschi.
Ora, non che io ami consumare, anzi. Da anni metto quasi solo abiti second hand.
Però, ah, i viaggi. Difficile rinunciare. Idiota dire Ryan Air no, miocuggino sì.
Difficile anche rinunciare ai libri di testo di scuola su Amazon. Compro usato dove è il caso (ovviamente non compro usato l’eserciziario di francese), ma lo sconto del 15% su una spesa di centinaia di euro è interessante, così come la comodità di avere i libri in ufficio anziché pellegrinare in cartoleria…
Ma devo dire che su Amazon, che sfrutta i lavoratori della logistica, e che affama anche il mercato del retail, non compro quasi più. I libri ho ricominciato a prenderli a prestito in biblioteca, mi sono accorta che lo sconto impoveriva il sistema. Non che i librai e i piccoli retailer facciano granché per costituire un'alternativa realistica ad Amazon eh. Difatti io non voglio comprare in generale, mica boicottare Amazon per andare dal retailer.

Lo strumento del boicottaggio, dagli anni 70 ad oggi, non ha mai funzionato, lo dice la storia. Basti pensare che l'azienda più boicottata della storia è stata Nestlè, che da allora vive e lotta assieme a noi.
 
Ma qualcosa si può fare: cambiare la nostra testa. Per esempio smettere di chiamarlo low cost, perché qualcuno paga laddove noi risparmiamo.

Prendiamo Just Eat. Quando l’ho scoperto ero entusiasta: io odio cucinare e poi vado davvero pazza per la cucina etnica, di qualunque etnia.
Ho ordinato molte volte, ma a un certo punto ho aperto gli occhi. L’indiano veniva in bici. Dall’Arco di Augusto. In inverno. Gratis. Quando me ne sono accorta gli ho dato la mancia e ho cominciato ad andare a prendere il mio cibo da sola, in macchina, non mi costa niente. La signora della piadina. Ce l’ho praticamente sotto casa, ma ho fatto la sborona, l’ho fatta consegnare. E’ arrivata in ritardo di mezz’ora scusandosi tantissimo, era domenica ed era pienissima di clienti, non sapeva come portarmi il mio cassone (che costava quanto quello degli altri). Mi sono sentita una bambina viziata, ad aspettare il cassone dal divano. Le ho lasciato un ottima recensione, ho scritto che è stata puntualissima. Mi piacerebbe dire qualcosa anche sul modello di business dei siti di recensioni, ma sarebbe un altro tema. Comunque non leggo più le recensioni, sono una brutta deviazione dei rapporti umani.
La mia coscienza non ha ancora trovato una quadra soddisfacente, ma sto cominciando a criticare un sistema che sembra fatto per me, per noi. Noi poveracci diventiamo i cannibali di altri poveracci.

Sto chiedendo anche alle bimbe di evitare le catene low cost. L’alternativa? Possedere meno abiti. Del resto, ho comprato loro un armadio piccolo proprio per spingerle in questa direzione. Ho detto loro, crudamente, che una maglietta low cost le rende più carine a spese di una sorella cinese.
Non credo che tutto questo serva a qualcosa, né che sia abbastanza radicale. Ma credo che la consapevolezza che il sistema sta togliendo dignità a tutti, stia cominciando a farsi strada. Pian piano. O forse no, forse la mentalità Amazon del tutto, subito e gratis sta raggiungendo il suo culmine.

Ma io non vorrei più starci.
Il mio obiettivo 2016 è stato cambiare vita.
L'obiettivo 2017 viaggiare.
L'obiettivo 2018 il lavoro.
Il mio prossimo obiettivo è "fare la cosa giusta". Mi pare stia tutto degenerando, ma forse i vecchi dicono sempre così.

Commenti

  1. Noi poveracci diventiamo i cannibali di altri poveracci: mi sembra una sintesi perfetta. Resta da vedere cosa resterà, dopo che ci saremo sbranati.

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    1. Da una parte procediamo spediti (la tecnologia, la scienza), dall'altra rotoliamo indietro (la democrazia, il diritto del lavoro)

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    2. Questo tuo post è un'analisi molto lucida del nostro tempo e mi trovi perfettamente d'accordo! Bisogna che impariamo a difenderci da questi mezzi in parte utili e necessari, in parte devastanti...

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  2. Una che si è comprata casa (da una decina d'anni oltretutto) non può certo definirsi proletaria! Ripassare gli appunti di economia politica! :-)

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    1. Vero, il mio reddito ai tempi di Marx sarebbe stato da borghese di merda. 170 anni dopo un po' meno.

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  3. Condivido in tutto e per tutto i tuoi pensieri. Anch'io mi sono posta degli obiettivi, non tutti sono facili da attuare, ma ci provo. Il problema principale credo sia questo: si è persa la conoscenza del VERO valore delle cose. Provo a spiegarmi. Uno va al supermercato e si trova davanti a uno scaffale pieno di uova. Ci sono quelle bio, quelle allevate a terra, all'aperto e quelle che costano poco e nessuno ti spiattella in faccia come sono allevate, perché tanto ciò che importa è il prezzo. E allora tu le guardi e pensi: perché devo pagare due euro e cinquanta per sei uova, quando posso pagare un euro e cinquanta per averne dieci? E questo ragionamento ci sta, ancor più se magari a casa hai un paio di figli a cui preparare quotidianamente i pasti. E lo stesso discorso si applica al resto: perché spendere venti euro per una maglietta quando posso spenderne cinque e comprarne quattro? Perché pagare duecento euro un volo per cui posso pagarne venticinque? Minima spesa, massima resa. E' con questa logica che noi, oggi, possiamo scegliere tra pagare il giusto prezzo e pagare il prezzo più basso possibile. Dio, come mi fa incazzare. Perché è con questa logica che stiamo distruggendo il mondo. Egoisti, avidi e parassiti. Non ci importa nulla di cosa ci sia dietro alle nostre dieci uova da un euro e cinquanta o al nostro volo da venticinque euro. Cosa succederebbe se ogni volta che compriamo qualcosa ci mettessimo a pensare all'intera filiera di produzione? Mi viene in mente un episodio, di poco tempo fa. Io che mi metto a pensare al tonno che acquisto e mi dico: "ehi, non sei abbastanza informata sulla provenienza di questo tonno. come puoi vantarti di essere una persona che vive in maniera sostenibile, se compri del tonno senza chiederti da dove venga?". Così mi metto a indagare in rete e scopro un sacco di cose interessanti (per esempio le specie di tonno a rischio che non andrebbero mangiate e i metodi di pesca invasivi). Bene, trovo una marca di tonno che si comporta in maniera sostenibile: pesca a canna, evita specie a rischio, rispetta i diritti dei lavoratori. La cerco. Un vasetto costa otto euro. Ed io penso: 'sticazzi, no costa troppo. Poi mi fermo a riflettere sul serio e mi domando: cosa c'è dietro questi otto euro? Dunque, ci sono le persone che l'hanno pescato, quelle che l'hanno lavorato, i costi del vasetto, delle etichette, il guadagno del produttore e quello del supermercato che me lo sta vendendo... ma... allora... un momento, non è che saranno pochi, 'sti otto euro?
    E quindi che facciamo con 'sto tonno? Lo prendiamo un paio di volte in meno e facciamo la cosa giusta? Oppure pensiamo solo a noi stessi e prendiamo un tonno che costa meno della metà ma lo mangiamo quante volte ci pare?
    Insomma Polly, tutto 'sto pippone per dirti che sono d'accordo con te. E per ringraziarti di essere come sei, di farti queste domande, di darti queste risposte. Perché a volte, quando mi guardo attorno, mi sento proprio sola.

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    1. Purtroppo però esiste anche il lato opposto della medaglia. I falsi prodotti etici, i falsi prodotti bio...non è facile proprio per niente, fare la cosa giusta. :(

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    2. Io avendo tre figli compro le uova da 1 euro altrimenti non arrivo a fine mese!Non mi faccio molte domande..........

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    3. Esatto Kiss. Il ragionamento di Ade non fa una grinza. Ma se la tua ditta ha chiuso e tu ti ritrovi con 2 bambini da sfamare, col cazzo che compri il tonno da 8 euro. Passatemi il francesismo. Se devo comprare 2 t-shirt per non manderei miei figli in giro come straccioni, vado da Zara e non per comprarne 5 e avere l armadio pieno, ma per avere UNA maglia. @ade collegare bocca e cervello, perché qui c è gente che fatica ad arrivare a fine mese anche spendendo il minimo indispensabile

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    4. Ciao Simona, lo so bene che arrivare a fine mese è faticoso, e neanche io posso permettermi 8 euro per il tonno, però non credo che serva a qualcosa prendersela con qualcuno che prova a fare una scelta di coscienza, giusta o sbagliata che sia. Ognuno deve imparare a fare i conti con la propria situazione e la propria coscienza, non con quella degli altri.

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  4. Tutto molto condivisibile. Mi sa che stiamo seppellendo la nostra etica pur di avere una maglietta in più, un frutto fuori stagione a basso costo, un giochino elettronico a prezzi ridotti, un viaggio un po’ più lontano di ciò che ci permetterebbe il nostro portafoglio. Il prezzo che paghiamo per questi comportamenti è più alto di quello che appare sul cartellino di vendita. Se ce ne accorgiamo, ci diciamo che la nostra situazione economica non ci offre alternative e che essere del tutto coerenti con i propri ideali è “roba da ricchi”, che solo chi ha le tasche piene (fuor di metafora) può veramente scegliere. Poi ci sentiamo male per esserci assolte così facilmente e ci riproviamo ad essere come vorremmo. Fino alla prossima tentazione, che arriverà sempre troppo presto.

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    1. Purtroppo starne davvero fuori credo sia praticamente impossibile. Quando andavo all'università, oltre 15 anni fa, scoprii che l'allevamento intensiovo, oltre che a problemi ambientali, animalisti, e di salute che tutti già conoscevamo, comportava l'impoverimento e le difficoltà di sussitenza di tanti contadini africani, che coltivavano "mangimi", anziché prodotti che avrebbero anche potuto mangiare e vendere ai loro simili per il nutrimento. In quindici anni, pur avendo ridotto la carne, non ho ancora capito che cosa davvero posso fare io da sola di fronte a tutto questo, e l'unica soluzione che ho trovato, e a cui penso da anni è: non vivere dalla parte "giusta"

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    2. Ecco, questo tuo post oggi mi sembra un po’ profetico, perché l’ennesima morte di braccianti sottopagati ci costringe ad interrogarci con più forza (anche) rispetto alle nostre scelte di consumo. Ma soprattutto ci interroga sulla nostra reale possibilità di scelta. Se, da diversi lustri, i costi di alcuni prodotti (alimentari non certo di lusso) venduti nella GDO sono stati resi competitivi dalla mercificazione degli esseri umani che li producono, il nostro contributo personale per cambiare le cose sembra sparire. Infatti siamo tutti consapevoli del fatto che il prezzo più elevato di un certo prodotto sia condizione necessaria ma non sufficiente per attestarne la sostenibilità. Semplicemente, lo stile di vita che questa parte del mondo ha adottato non è sostenibile. Oggi sono sconfortata (ed anche un po’ sconfitta)

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  5. C'è stato un periodo che sul conto avevo 1000 euro scarsi...e ci dovevo pagare anche il mutuo, senza stipendio un paio di mesi...Mi ero vista sul lastrico anche se avevo qualcosa da parte ma non volevo usarli...Ecco mi sono accorta che posso fare a meno di un sacco di cose, soprattutto vestiti né costosi né low coast, e questa cosa anche nei periodi migliori mi è rimasta. Come te impazzisco per just eat perché mi fa fatica cucinare e uscire, shopping online su amazon pero' appena riesco provo a "fare la cosa giusta" ma è difficile e faticoso soprattutto quando hai a che fare anche con gli altri a cui devi rendere conto.
    Sara

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    1. Ma sì, come scrivevo sopra starne fuori è praticamente impossibile e fare una piccola scelta di consumo, non so, boicottare la Nestlé, rischia di farti sentire "a posto con la coscienza".

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  6. Credo che esista un limite personale per ciascuno, al di sotto del quale non si vuole scendere. Per esempio io non compro da Amazon ma non ho alcuna intenzione di rinunciare alla Coca Cola, prendo le verdure rigorosmente dal contadino a un km da casa coltivate da lui nei suoi campi ma mi mangio volentieri anche i surgelati del supermercato. Insomma in qualche modo non è sempre forse la ricerca del proprio equilibrio e di quello che ci fa stare bene?
    Solo che nel caso dei figli, non so, probabilmente perché non ne ho mi interrogo assai su quale sia il confine tra giusto ed eccessivo da insegnare. Non è una critica né una osservazione ma solo la condivisione di un dubbio che davvero vorrei sciogliere.

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    1. Faccio così anche io: junk food o zuppe a chilometro zero, libri da Amazon o libri in biblioteca...non credo che la vita di un occidentale possa sperare di essere davvero sostenibile.

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  7. Hai scritto un post davvero interessante. Molti di noi credo si trovino a riflettere su tale questione perché più consapevoli ma anche più poveri di un tempo e questo ci spinge a trovare soluzioni per evitare a noi in primis di fallire. Non credo nei cambiamenti dal basso, tantomeno nella bontà dell'uomo, ma penso che il caos generi ordine, è solo questione di tempo.

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    1. Mah Cecilia, non so se sono d'accordo sull'impossibilità di cambiamenti dal basso. La volontà di tre poveri stronzi forse non potrà essere l'unico driver del cambiamento, ma una concomitanza di circostanze, tra cui anche appunto i tre poveri stronzi, può certamente determinare un cambiamento che in parte può venire dal basso. I diritti sul lavoro se ci pensi, ci sono arrivati dalla protesta di tante piccole stronze e stronzi.

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  8. Rientrare dopo le vacanze e trovare questo tuo post scalda il cuore. Spesso mi sento una dei pochi che la pensa così...
    Volo Ryanair (sono una poveraccia, ma mi tocca viaggiare), e compro anche io per i miei figli cose da H&M e simili... ma anche io lo faccio il meno possibile perché sono stufa del low cost, che poi low cost non è mai, o non è per tutti. C'è un interessante documentario a proposito dell'abbigliamento, mi pare si chiami "The real cost of fashion", guardalo.
    Grazie di condividere questi pensieri interessanti e profondi, che mi fanno sentire che qualcuno cerca (insieme a me?) di migliorare un po' questo mondo.

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  9. Sei sempre sul pezzo, interessante e davvero condivisibile! Anche io, che abito pure nella super consumistica Milano, mi faccio spesso le domande che ti fai anche tu. Purtroppo la vita di un occidentale non sarà mai a impatto zero, ma si può cercare di fare il proprio piccolo per l'ambiente/per gli altri esseri umani e chissà, magari qualcuno prenderà spunto dalle nostre azioni e partirà qualche circolo virtuoso...

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