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Un 2017 pazzesco

E così è domenica e il trekking è stato rimandato per pioggia, allora io e le ragazze volevamo andare alla sagra del formaggio di fossa ma piove anche là, in più ieri s'è rotta la caldaia e siamo senza riscaldamento e con migliaia di piatti da lavare con l'acqua fredda.
Per questo mi ritrovo a tergiversare, di fronte al Mac e a un caffè, e a fare un bilancio di questo pazzesco 2017.

Qui stavo atterrando nella jungla, al confine tra Argentina e Brasile

E' stato un anno in cui fare le cose è diventato improvvisamente facile. Devo aver superato dei blocchi enormi, trasferendomi, anche se ho anche perso cose importanti, come una rete di amicizie sempre presenti, domeniche affollate e un telefono che squillava sempre.
Intanto vivere in affitto è fottutamente più semplice che vivere a casa propria, se si è domesticamente analfabeti come me. Ora per dire la caldaia è rotta, ma se è da buttare non sono fatti miei, qualcuno la comprerà. E non sto più a BucoDelCulo, dove un tecnico sarebbe arrivato dopo una settimana.

Ho passato dieci anni a spendere quasi tutto nella casa: nell'intonaco esterno che andava rifatto, nella cabina armadio da costruire, negli interventi anti-umidità nella stanza delle bimbe, nella camera nuova delle bimbe, nelle vecchie tasse e nelle vecchie multe. Forse se non fossi stata da sola, mi avrebbero fregato meno e sarebbe stato più facile.
Nel 2017 non ho incontrato artigiani, miracolo. E così, non ci ho pensato due volte a regalarmi un viaggetto (Ryan Air + ostello) a Madrid con mia madre (lei non lo sa ma abbiamo un altro biglietto in tasca e sono carichissima);  uno (on the road nelle casas particulares) a Cuba; uno al Conero con le bimbe (treno e tenda); uno sempre con le bimbe a Stoccolma (easy jet e couchsurfing da un'amica pazzesca) e uno in Argentina (per lavoro, con un videomaker e una blogger fantastici. Siamo stati un trio della madonna). Avrò speso in viaggi la tredicesima e forse la quattordicesima, l'equivalente di un lavoretto medio di ristrutturazione. Prima era impensabile: in cantina c'erano perdite di acqua, gli scuri erano da verniciare, serviva una cappa aspirante per la cucina.
La routine quotidiana è diventata molto più facile. Non faccio più la pendolare, e dal lunedì al giovedì c'è mia madre, e torno a casa con la cena pronta e le ragazze smistate e recuperate dalle loro attività extrascolastiche. Se si rompe la macchina ci sono i mezzi e la bici! Sto più tempo con le ragazze, anche se da bimbe erano più piacevoli. I figli, te li ritrovi improvvisamente adolescenti, che non fanno niente se non pretendere e lamentarsi e ti chiedi se per caso non hai dato troppo.
Mi è passato quel blocco emotivo pazzesco, quel terrore delle relazioni che avevo. Sono pronta.
Mi sono iscritta a un corso di sceneggiatura: non è un corso universitario o qualcosa che non potessi permettermi. E' solo un piccolo corso, divertente.
Ho cominciato a scrivere per conto mio, con un po' di impegno (ma non abbastanza). Leggo meno romanzi e più saggi, che la mia vita è già abbastanza intensa.

Gli obiettivi a breve termine ti danno un grande boost. Voglio dire, quando ho vissuto per essere una buona madre e per comprarmi una casa, sembrava che le cose non cambiassero mai, sembrava che i soldi sparissero in un buco nero, e le giornate svanissero nella monotonia. Se ti poni obiettivi a breve termine invece ne godi subito, ma poi magari tra cinque anni ti accorgi che non hai costruito un castello, magari solo un appartamento.

Allo stesso tempo, ho improvvisamente cominciato a sentire il peso degli anni.
Ricordo che anni fa un amico mi raccontava che a quarant'anni, improvvisamente, uno, due, tre tuoi amici hanno il cancro.  Io non ho quarant'anni ma Paola li aveva.
E poi la mia quarta polmonite non è stata come le altre: prima due settimane a casa sotto antibiotico e la lastra finale che diceva che era tutto rientrato. A questo giro, fastidi per due mesi, ricovero, e dopo un altro mese non sono ancora guarita del tutto. A un certo punto mi sono chiesta se sarei morta.
A Madrid sono andata con l'influenza, a Cuba mi sono venute le placche in gola e la febbre a 39 e sono stata all'ospedale cubano a farmi prescrivere gli antibiotici.
Venerdì sono stata dal dentista che mi ha detto che le mie gengive cominciano a invecchiare. E che ci sarebbe un comodo e non invasivo intervento da mille euro (che non farò, perché anche le ragazze hanno bisogno dell'apparecchio).
Non ho più voglia di uscire, specie se è freddo e buio. E' come quando vai a un concerto in una discoteca, che ti diverti e e canti poi improvvisamente il concerto finisce, la discoteca si riempie, smontano gli strumenti e con Basket case che pompa nelle casse, ti chiedi come diavolo sei finita lì.
Vado a letto alle 10 anche il sabato e mi sveglio carica e pimpante e passeggio ogni volta che posso, senza mal di testa e depressione da hangover.

Nel 2017 è cambiato tutto.
E nel 2018 voglio fare qualcosa di sfidante.
Ora mi sa che mi tocca proprio lavare quei piatti.

Commenti

  1. nel 2018 cambia dentista, fai il favore (gengive invecchiate, ma per piacere, non lo dicono a me)

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    Risposte
    1. ma infatti mica gli do mille euro, figurati che quello da cui sono andata a fare la pulizia sei mesi fa con l'assicurazione sanitaria mi ha trovato 3 carie che non ho.
      Però è innegabile che le mie gengive sono peggiorate pur non fumando più e lavandomi regolarmente i denti, quindi ci sto attenta.

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  2. "Io non ho quarant'anni ma Paola li aveva."

    Mi piace tanto quando mi lanci 'ste sassate dritte in faccia e poi fai finta di niente.

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