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Minimalismo: un progetto fallito?

Nei giorni scorsi mi ha scritto una ragazza, ricercatrice in un'università parigina, che, dopo aver letto un mio articolo sulle famiglia minimaliste, mi ha chiesto di intervistarmi per una ricerca sulla propensione al consumismo dei bambini.
Ho accettato di buon grado perché questo argomento è da molti anni uno dei miei cavalli di battaglia, e le due chiacchiere che ho fatto con lei hanno riaperto una riflessione che andava oltre il non - consumismo, che ho inaugurato due anni fa.
Il percorso è stato più o meno questo: ho smesso di sprecare per necessità, e ne ho tratto dei benefici così evidenti che, anche se negli anni il mio stipendio è certamente cresciuto, la mia attitudine non è affatto cambiata, anzi, s'è rafforzata. Una volta mi hanno dato della francescana, mi è piaciuto moltissimo.


Lo stipendio aumentava e io eliminavo senza esitazioni le spese e i consumi che non rappresentavano un'"opportunità". Per farvi capire: sì alla birra con le amiche, no al caffè al bar ogni mattina. Sì ai pattini nuovi, no all'ennesimo giocattolo. Sì alla vacanza, no alla lavastoviglie o al divano nuovo.
Quando stavamo per cambiare città, sapevo che non sarebbe stato facile aggiungere il peso di buttare via buona parte delle nostre cose al carico emotivo del grande cambiamento che ci aspettava. Ma dovevamo ridurre drasticamente gli scatoloni da portare con noi, per una serie di motivi. Uno tra questi motivi era che mi sentivo così male all'idea di lasciare il nostro nido, comprato con enormi sacrifici, che non sopportavo l'idea di stabilirmi davvero altrove, avevo bisogno di essere leggera, non so, di non affezionarmi di nuovo.
Così, mi sono avvicinata all'idea di minimalismo, e per alcuni versi l'ho sposata. Attualmente, sebbene io ora mi senta di nuovo quasi a casa, dormo in una stanza arredata con un armadio singolo (un oggetto di antiquariato che ho fino da quando ero piccola), un materasso per terra, qualche quadro e una abat jour comprata al mercatino dell'usato, imitazione di Eclisse di Artemide, una lampada di design uscita negli anni 60.

Insomma, ad avere poche cosa ci ho preso gusto. Intanto, è una panacea per noi disordinati. Incasinare o sporcare la stanza mi è quasi impossibile. E poi più spazio. Meno distrazioni. Nessun tempo sprecato a fare shopping, né a "organizzare" le cose, né a fare decluttering.

Ma escludendo la mia stanza e il mio bagno, l'operazione minimalismo (dove per minimalismo intendo rinunciare a qualunque cosa non sia utile, anche il vaso di nonna Cloe e la chitarra che non so suonare) sembra quasi fallita.  Anche se nella mia nuova città non ho amici e parenti che, sapendo della mia propensione al riciclo e della mia fissa per il modernariato, mi portano vecchi oggetti e vecchi vestiti.
Però con mio grande rammarico non siamo diventate minimaliste e i motivi credo siano essenzialmente due:

1) Il principale è mia madre. Da quando mi sono trasferita, sta a casa mia quattro o cinque giorni alla settimana, per fare compagnia alle bambine (e fa sentire meno sola anche me). Per lei non è stato un grande sacrificio: il borgo dove vive non le è mai piaciuto, esce poco ed è spesso sola. Qui ha una stanza per lei, si sente a suo agio e non le imposto le mie regole (solo un po', dai, le ho categoricamente vietato ogni tipo di soprammobile). Ho cercato di evitare troppi accumuli ma ce l'ho fatta solo in parte. Per esempio le ragazze hanno davvero molti più abiti, accessori, scarpe e oggetti di quello che necessitano. E la loro stanza spesso è impraticabile. Io limito, lei compra. Non lo fa con cattiveria: il consumismo è così parte di noi che per quanto io neghi, lei non si toglie dalla testa l'idea che se non compro regolarmente mutande, calze, piatti, probabilmente è perché non me lo posso permettere. Semplicemente non è vero.

2) Paradossalmente, il minimalismo ortodosso non sempre implica il non consumismo. Nel senso: se tu non accumuli proprio niente, a volte devi ricomprare. Tra il conservare tutto perché "potrebbe servire" e il gettare tutto perché "niente serve", c'è una sfumatura. Ad esempio: la filosofia minimalista prevede che in genere non servano due copie dello stesso oggetto (non so, due mestoli, due macchine fotografiche, più di due asciugamani a testa). Ma vista la quantità di cose che le bimbe perdono o spaccano, a casa mia due pezzi dello stesso oggetto diventano a breve uno solo. Adesso che si avvicina l'inverno, avrei la tentazione di buttare tutte le sciarpe e di tenerne solo quattro, per eliminare quel cassetto disordinato...però so perfettamente che le perderanno e le lasceranno a scuola e che quello che non serve oggi servirà non dico tra un mese, probabilmente tra una settimana. E addio minimalismo.

Mi sono chiesta quanto mi pesa rinunciare a una scelta che vorrei aver fatto per me e per le bambine, e sono giunta alla conclusione che un po' mi pesa, sì.
Però c'è di bello che sto ricominciando a mettere delle timide radici, e che sento di nuovo che posso progettare qualcosa per dopo-domani. Non ho paura di dover ri-impacchettare tutto da un momento all'altro. Il garage può essere un po' riempito, dai.
Mi sono pensata tra cinque anni e mi sono vista più soddisfatta, più espressa, ma ancora qui.

Commenti

  1. eh. Io ci penso spesso al minimalismo, ma poi mi rendo conto che la mia vera aspirazione è il massimalismo. Non il consumismo, la maggior parte delle cose che ho le trovo in giro, o me le regalano gli amici quando fanno decluttering. Ci sono cose che non compro mai e che non ho mai comprato, per esempio e che in altre famiglie fanno parte della normale lista della spesa. Ma mi porto dietro questa insicurezza dei poveri e dei contadini e non sopporto l'idea di liberarmi di una cosa ancora utile solo per buttarla e fare spazio, se non trovo nessuno a cui magari possa essere utile. solo che ecco, viviamo nel mondo in cui viviamo ed è più facile trovare qualcuno che ti dia qualcosa che qualcuno che se le prenda. Boh.

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  2. Il segreto sta nel trovare l'equilibrio tra il consumismo eccessivo e il minimalismo. Un periodo accumulo e conservo quello che potrebbe servirmi, e un periodo elimino il superfluo, quello che non uso da tempo. Evito di far diventare il minimalismo una religione.

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  3. mi ritrovo in molto del tuo discorso, soprattutto sull'impossibilita' di liberarsi delle sciarpe che, tanto, saranno perse a breve. ho 3 figli di eta' molto diverse, tra il secondo e la terza ci sono cinque anni e mi ritrovo nella fastidiosa situazione in cui non posso buttare o regalare libri,giochi,vestiti che al secondo vanno grandi e alla terza andranno tra tre/quattro anni. non so, a volte mi chiedo se non avrebbe piu' senso ricomprare tutto n seguito, se la perdita econoica non sarebbe compensata da altri vantaggi, ma se tra tre anni non avessi soldi?

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