Passa ai contenuti principali

Perché penso a Vasco Rossi?

Sarà che da qualche giorno i giornali locali raccontano che Vasco Rossi alloggia qui al Grand Hotel di Rimini, sarà che la prossima settimana invece ci saranno i Litfiba...insomma, in questi giorni mi sono messa ad ascoltare un po' di rock made in Italy, e specie mentre ascoltavo la voce di Piero Pelù cantare Proibito (dice che è proibito, che è proibito anche pensare), facevo alcune riflessioni, che poi ho un po' messo in ordine anche leggendo questo articolo che parla dei primi 5 album di Vasco, nei primi anni '80, venduti in poche copie e suonati nei posti più improbabili. Non gli stadi, e neanche i palazzetti dello sport, ma le feste dell'Unità, forse i locali.

Non conosco davvero bene né i Litfiba né Vasco, ma, se i primi mi hanno sempre caricato molto, il secondo mi ha sempre provocato sentimenti contrastanti. Certo non mi colpisce la versione "anziana" del rocker: più bolso, più stanco, più mainstream. Non sopporto le sue canzoni più recenti, che parlano d'amore stereotipato (io e te, io e te, a crescere bambini, avere dei vicini), non sopporto molti dei suoi fan che del disagio di provincia fanno una bandiera, come se ci fosse qualcosa di cui vantarsi.
Foto di Volkan Olmez

Invece la sua versione giovane, maleducata e punk mi fa tenerezza, simpatia, tristezza e rabbia assieme. Mi provoca fastidio e malinconia dolce, e ci ho pensato e pensato e ho capito perché, perché mi ricorda gli amici di mio padre, che ho passato l'infanzia a odiare, perché erano il contrario di quello che la televisione mi diceva di sognare. Erano il contrario di come immaginavo fossero le famiglie delle mie maestre; il contrario delle pubblicità e delle serie tv. Erano una massa che riempiva i bar e non veniva rappresentata, se non da Vasco Rossi, che aveva portato quel mondo sul palco di Sanremo.
Loro erano Siamo solo noi che non abbiamo più niente da dire, sappiamo solo vomitare.
Loro erano Liberi liberi siamo noi però liberi da che cosa?
Si trascinavano da un bar all'altro, da un bicchiere all'altro, da una risata ubriaca all'altra, senza muoversi per più di cinque chilometri. Se lavoravano, lo facevano per arrivare a fine giornata e poi a fine mese, erano maleducati, volgari e provinciali, erano dei looser in un mondo che ancora predicava il successo, erano fuori posto. Chi vedevi in giro, al bar, non erano gli eroinomani, quelli ormai erano morti, o in comunità. Ma, non so come spiegarlo, se sei stato eroinomane lo sarai sempre, non importa se sei cambiato, nel giro giusto non ci entrerai più. Porti uno stigma, nel corpo devastato e nella mentalità da outsider. Non ci torni più, nei ranghi.
Li vedevo a volte parlare di qualcuno con le lacrime agli occhi, e se cercavo di capire (per un bambino, un adulto che piange è sempre un boccone molto, molto grande da digerire) facevano i misteriosi, perché io ero solo una bambina: ora so che la trasgressione, allora, ti mandava il conto anni o decenni dopo che l'avevi lasciata e questo conto si chiamava AIDS, ed era un conto salato che mieteva le compagnie, che portava via gli amici. E chi rimaneva era inquieto, e forse per questo considerava un traguardo la fine di una giornata, al bar.

Ecco perché Vasco mi fa male ascoltarlo, dev'essere per questo. Perché quel disagio che dice lui, l'ho visto di riflesso e non lo voglio più vedere, né tantomeno riconoscermici, né tantomeno sbandierarlo. Non c'è più, in giro, e nei bar, non ci sono più quegli occhi neri, incavati, a volte velati; quelle mani magre che tengono una Marlboro, quei brutti denti in mostra nelle risate rassegnate.
Non fa parte, quel malessere, della coscienza collettiva della mia generazione, è come il rock'n'roll, no? Ci piace, ma non ci dice certo quello che diceva ai ragazzi degli anni '50. Dice qualcosa alle nostre orecchie e ai nostri sensi che il nostro cuore non può riconoscere.

Noi invece siamo nati quando ormai la trasgressione era diventata roba noiosa, e quindi non trasgressiva. Siamo arrivati quando il rock già non se la passava più benissimo. Quando le droghe erano già state ampiamente sdoganate, e certune, come l'eroina, erano tornate a fare paura e i miei coetanei che la provavano, più che trasgressivi, erano malati di mente. Quando di sesso erano pieni i programmi televisivi che ci facevano da baby sitter, come Drive In, e la libertà, specie delle donne, più che trasgressiva, sembrava un po' sporca, anche perché tra Mister Villaggio e Colpo Grosso insistevano a mandarci all'oratorio (a me no. Ci andai per un annetto di mia spontanea volontà, quando mia madre si sposò con un seguace di Osho e finalmente ebbi la famiglia più normale a cui potevo aspirare).
Siamo prevedibili anticonformisti, non ci hanno mai proibito niente, non possiamo fare niente di cui pentirci, la pubblicità non ci promette più niente. Il sapone dice che andiamo bene anche cicciottelle. Siamo quelli della natura, del wellness e del veganesimo; del sabato sera a casa e del meno lavoro possibile - tanto non c'è. Semmai ne inventiamo uno, per occupare mezza giornata.

Non so perché ascoltiamo Vasco, a dire il vero, ma in questi giorni ci penso e ci ripenso, e più ci penso e più mi fa male e più ho voglia di ascoltarlo.

Commenti

  1. Io amo Vasco e quanto rosico per non aver trovato i biglietti per Modena...

    Baci
    P.

    RispondiElimina

  2. Siamo solo noi che non abbiamo "più" niente da dire.
    Quel più è fondamentale!

    Vasco ha veramente rotto le balle, non lo sopportiamo più.. ma quei vecchi dischi.. siamo solo noi, colpa d'alfredo, Vado al massimo. Sono semplicemente pazzeschi.

    RispondiElimina
  3. E mentre sulla mia Modena volano ancora gli elicotteri la marea umana si sta muovendo la Citta immobilizzata un silenzio profondo rotto solo dall URLO del concerto non vi nascondo che penso ad Amatrice e alle macerie ancora li' da un anno.... e qui a spendere per mettere in piedi Vasco?
    Impegnativa come realta'

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non sono d'accordo. Quei soldi li hanno pagati i 230000 presenti, non lo Stato italiano.

      Elimina
  4. A me le vecchie canzoni di Vasco raccontano qualcosa che ho vissuto solo di striscio, e per fortuna non per le persone a me care. Ragazzi più grandi, che vedevi consumarsi, che magari venivano a mendicare le mille lire, o che sapevi che ti avrebbero fregato la bici se la parcheggiavi. Mi dà tristezza, ma in qualche modo rappresenta una parte di me, una riflessione sugli anni della mia giovinezza da cui non voglio e non posso prescindere. Detto questo, non sono mai andata ad un suo concerto, e forse ora che è un nonnetto un po' imbolsito è troppo tardi. Ma quando l'ascolto, torno ad avere quattordic'anni.

    RispondiElimina
  5. Io Vasco spero di farlo sentire ai miei figli e che lo apprezzino, anzi, peggio, lo amino. Per la poesia che riesce a mettere in parole semplici, frasi, parolacce, vita spericolata. Come raramente altri sono riusciti a fare così intensamente e a lungo. Ho il ricordo di questo amico di infanzia parecchi sfortunato, su una sedia a rotelle. E noi a fare a gara per andare con lui ai concerti di Vasco. E lui che si e' salvato e ora sta bene ma tanti altri si sono persi ed e' stato un dolore.

    Per tutto questo lunga vita a Vasco!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non credo che le bimbe ameranno Vasco. Loro si faranno certamente raccontate da qualcun altro. Magari semplicemente non lo disprezzeranno:)

      Elimina
  6. "Noi invece siamo nati quando ormai la trasgressione era diventata roba noiosa, e quindi non trasgressiva".
    Sei l'unica in tutta la rete (o almeno così mi sembra), in tutta questa valanga di odi a Vasco, in tutto quello che si è detto e che si continuerà a dire su Vasco&annessi, che ha espresso quello che mi frullava nella testa. E' solo che io non riuscivo a mettere i pensieri in ordine. Poi ho letto il tuo post.
    Sono figlia di genitori eroinomani, che di Vasco hanno sempre fatto una bandiera. Mia madre che ascoltava Vasco è uno dei pochi ricordi che conservo di lei. E quando ho scoperto che non erano solo "loro" ad ascoltarlo e a venerarlo (e con "loro" non intendo solo gli eroinomani, intendo anche tutto il contorno di personaggi di bar di paese che, se non era quella sostanza, era qualche altra) la cosa mi catapultò in una realtà parallela.
    Oggi me li vedo, personaggi del bar, che sono ancora lì a parlare del concertone, tra una Ceres e una marlboro. Tra di loro c'è sicuramente anche mio padre, che seppur ha mollato l'eroina, tossico è stato e tossico continua a essere. Io nel frattempo, come dici tu, cresciuta con il Drive In che mi faceva da Baby sitter e con l'idea che la trasgressione non è che sia poi tutta sta gran gioia, ho mollato mio padre, ho mollato la provincia randagia e ho mollato pure Vasco. Cerco di dare a mio figlio un'esistenza il più possibile equilibrata e di vivere una vita tranquilla. Non sempre ci riesco, ma è quello che provo a fare. La vita spericolata...no grazie, io l'ho conosciuta, e posso dire che è una merda. E tutta sta storia mi mette una gran malinconia. Grazie per il tuo post, davvero.
    Vicky
    p.s. ovviamente ti leggo da anni. Non commento mai. Questa volta però non potevo non farlo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono sempre io. Mi sono dimenticata di dirti che alla fine però anch'io, a volte, non riesco a fare e meno di ascoltarlo. Era giusto per precisare.
      Vicky

      Elimina
    2. Vicky, grazie davvero di aver commentato. Ho molto freddo dentro ora.
      Credo che per me sia stato più facile che per te, perché mio padre è andato in comunità quando ero piccola, e quindi non ho vissuto il vero inferno; ed è morto molto prima che io avessi l'età per biasimarlo. E così, se penso a lui non lo odio: lui è LA mancanza, è la mia menomazione.
      Mia madre invece, con tutti i suoi errori, è stata una grande colonna, anche se me ne sono accorta solo da grande. Certo, l'ambiente che avevamo attorno era quello dei bar degli anni 80, 90, poteva andarci meglio, ma poteva anche andarci peggio.
      Ti abbraccio con tutta la forza che ho.

      Elimina
    3. Valentina, Vicky, mi avete toccato, commosso e scosso. Non posso evitare di pensare che chi, come voi, la trasgressione distruttiva l'ha toccata con mano (e non per sua scelta), sa che quella trasgressione farà sempre parte della sua storia personale, sa pure che con quella dovrà per sempre farci i conti... ma non ci sarà mai un momento in cui la troverà divertente o in cui potrà sbandierarla con disinvoltura, come fosse un simpatico argomento di conversazione. Perché quel genere di cose non è divertente né per sé né per gli altri e non "fa figo" averla subita. Lascia dentro strascichi e dolore, qualunque sia stato l'epilogo.
      Chi ne è stato (suo malgrado) coinvolto, ancora oggi un po' odia chi si è lasciato distruggere da quell'illusione, per debolezza o per mancanza di senno. Un po' lo ama e non sa perché non smette di farlo.

      Elimina
  7. Io adoro Vasco, me lo fece ascoltare il mio primo amore e d'allora in poi se canticchio Vasco vuol dire che sono innamorata. Non l'ho mai collegato all'eroina anche se comprendo il collegamento che in molti fanno, visto il periodo storico in cui si e' affermato. Ho sempre trovato che avesse il pregio di esprimere sentimenti in linguaggio semplice ma non banale, di emozionare...insomma giusto per dire un altro punto di vista.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Fra, è normale che ognuno si faccia emozionare in base al suo vissuto ma Vasco non è che è nato nel periodo delle droghe pesanti: lui le cantava proprio senza mezzi termini. Gli spari sopra...coca casa e chiesa...

      Elimina
  8. ti abbraccio. come sempre riesci a mettere in parole benissimo quel che frulla anche nella mia testa. brava Vale. sei stupenda.

    RispondiElimina

Posta un commento

attenzione: i commenti ai post più vecchi di 14 gg vengono moderati! A causa del troppo spam ho disattivato le notifiche via email per i commenti in attesa...ma prima o poi li modero.