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Sciopero silenzioso

Ultimamente sono molto influenzata dal libro che sto leggendo, che è l’autobiografia di Martin Luther King. Una persona sana di mente non può leggere qualcosa del genere senza provare turbamento e ammirazione ed emozione. Poi non è che nella vita siamo tutti chiamati a fare gli eroi, eh: non viviamo nel segregazionismo. O forse sì, forse anche noi siamo chiamati ogni mattina a combattere il male.
Ma spesso non lo vediamo, oppure, e mi ci metto anche io, lo vediamo ma non facciamo nulla. Questo libro mi sta dando molta forza, e anche una certa vergogna, quando collaboro ogni giorno, in silenzio, con un sistema ingiusto. Mi sento molto sola, non dico nella vita, ma proprio di fronte al mondo, e mi rendo anche conto che la mia attitudine non è propositiva (“facciamo qualcosa, amici, reagiamo”) ma difensiva e ostile (“aiuto, sono sola e mi farò travolgere dalla merda”). Nei giorni scorsi, un paio di volte, ho cercato, di fronte a parole che mi ferivano e offendevano, anche se non erano rivolte a me, di avere una piccola reazione attiva e positiva, anziché la mia solita chiusura indignata.
Vorrei avere tanti Martin Luther King da leggere ogni giorno, e invece tra un centinaio di pagine finisce.
Dicevo, comunque, che l’altra mattina, come ogni mattina, ero arrabbiata con Carolina perché è sfiancante. Certo, non dev'essere facile avere due sorelle gemelle che passano tutto il tempo a cantare in coro.
Lei comunque non è una personcina semplice e al mattino è peggio. La chiami quarantasei volte per svegliarla, cinquantasette per scendere a fare colazione; guarda il bicchiere di latte per dieci minuti senza fare niente, con questo broncio alla Brigitte Bardot, il 93% delle volte per errore lo rovescia, e si fa l’ora che il pulmino strombazza fuori casa e lei, sveglia da un’ora e un quarto, non ha fatto colazione, non s’è lavata i denti (che hanno assunto un sano colorito arancione), è vestita come se nella notte i pompieri l’avessero fatta evacuare di casa. Va bene che le piace lo stile grunge, ma è davvero scalcinata. Da che pulpito, comunque.
Per farla muovere, ogni giorno devo urlare come un’assatanata. L’altra mattina mi sono guardata dal di fuori e mi sono vista come Daimon, l’allenatore di Mila e Shiro, quello che faceva allenare Mila con le catene ai polsi e altre amenità, ringhiando come un pit bull. E mi sono detta, cavolo, che cosa leggo Martin Luther King a fare, se sono verbalmente violenta. E mi sono anche detta: ma in fondo io mi trovo a mio agio nel silenzio, è Carolina che mi sfinisce, è un gatto selvatico, come suo padre, è lei che mi estorce gli urli. E così il giorno dopo ho fatto lo sciopero delle parole.


Volevo dimostrare che mi trovo a mio agio anche nella comunicazione non violenta, ma che loro devono collaborare. Se io ti sveglio con i baci e le carezze, tu a un certo punto ti devi alzare. Quando scenderò in cucina, non continuerò a chiamarti: sta a te. E quando ti avrò indicato l’orologio, non continuerò a indicarlo. Sta a te alzarti da tavola e andare a lavarti i denti.
Le bimbe erano state avvisate la sera prima del fatto che io le avrei supportate nella preparazione mattutina nel modo che mi era più congeniale: in silenzio. Se taccio non è perché sono arrabbiata o, peggio, perché voglio fare pressione psicologica, e l’ho dimostrato con le carezze e le espressioni. Posso scegliere se essere violenta o non violenta, la responsabilità delle mie reazioni non è di chi mi sta accanto. Ma se tu ignori la mia comunicazione non-violenta, ti prendi la responsabilità delle tue azioni: se perdi il pulmino vai a scuola a piedi. E, come dice nonno Gino, se non mangi hai già mangiato.
Ha funzionato.
Siamo uscite di casa tutte di ottimo umore. Per me non parlare non è stato uno sforzo e loro mi hanno ascoltato con più attenzione.

Commenti

  1. Quando me l'hai detto non ci avrei mai scommesso ma sei una donna dalle mille risorse ed evidentemente conosci i tuoi polli.
    Complimenti.

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  2. Diciamo che funziona nella misura in cui sono loro a potersi prendere la loro responsabilità. es. se perdi il pulmino ma la scuola è troppo lontana per andare a piedi e poi IO, cogliona, ti devo accompagnare in macchina e faccio tardi al lavoro, il discorso è diverso. Vale comunque la regola secondo cui meno stress e più risolutezza (atteggiamento interno del genitore: lo fai, punto.) portano a risultati estremamente migliori. L'ho notato con la storia del dormire nel suo letto.

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    1. Certo certo, ma non è stata un'operazione pedagogica, perfetta, studiata, è stata solo una cosa che mi andava istintivamente di fare, inizialmente per stizza, in risposta alla sensazione che mia figlia mi rendesse cattiva. Poi mi sono accorta invece è stato così semplice che al di là di come si comporta lei, io ho il controllo e la responsabilità di come reagisco.

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  3. Mi piace!!! Non sono sicura di poterci riuscire però.

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  4. sei una specie di genio della comunicazione.
    del resto lo penso da tempo e questa è solo una conferma

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  5. Convintissima di ciò che hai scritto, intendo dei risultati e della validità di tale atteggiamento...ci sono arrivata anch'io e ci credo molto ma devo essere sincera nel dire che non sempre riesco ad applicarlo ma dipende da me, non da loro, se adotto questo modo di fare i risultati positivi ci sono sempre...sono io che sono difettosa...poi mio marito fa ancora più fatica di me e se non sono io che urlo come un'ossessa, allora è lui...a volte essere in due a spartire tali responsabilità può essere ancora più difficile...non sto sostenendo che è meglio vivere da soli (può esserlo, però!) ma solo che quando sei l'unico genitore che, in quel momento, si occupa dell'educazione dei figli, può facilitare le cose perchè una volta che sei convinto tu di una decisione, non devi più convincere nessuno, no? Scherzi a parte, sei brava perchè ti metti giornalmente in discussione e sarai anche una persona chiusa ed introversa ma non trovo affatto che tu non faccia nulla per cambiare le cose che non ti vanno a genio! in bocca al lupo a te e a me che con una prole così numerosa e tutta al femminile ne abbiamo davvero bisogno, che siamo da sole oppure in compagnia!!! ;-)))

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    1. Quello che dici è vero. Io quando c'era il babbo delle bimbe ero più cattiva perché qualcuno era lì a difenderle dai miei eventuali urli. Ora mi controllo perché la maggior parte siamo solo io e loro, so che le devo proteggere e non spaventare. Credo che quando ci sono due adulti a casa l'equilibrio possa rivelarsi ancora più delicato, in un certo senso.

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  6. mia madre l'ha usato con me per degli anni. Funziona, è vero, ma è insopportabile. Anche io, a volte, ne faccio uso. E so che è una lama, il silenzio. Non so. Ma lui, mio figlio, lo sa. E poi comincia: Mamma perché non parli. Mamma... Mamma... parlami...
    E mi ritrovo in un attimo io davanti a mia madre, con l'odio in gola per il muro di silenzio. Non lo so. Ma a me il silenzio fa venire l'ansia. Sarà che sono sorda. ;-)))

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    1. Lady, hai perfettamente ragione su quel tipo di silenzio! Il silenzio ferisce quando corrisponde ad un muro insormontabile, ad una barriera che non può essere oltrpassata, indica distacco freddezza e quest'atteggiamento coi figli penso sia dannoso più delle urla che comunque sottintendono una forma d'interessamento! Invece quando si tratta di un silenzio rispettoso ed amorevole, questo indica rispetto ed autocontrollo...c'è silenzio e silenzio...in più sono i gesti che fanno la differenza, un sorriso ed una smorfia silenziosi mostrano comunque il nostro affetto...è chiaro che non può essere sempre applicabile questa misura perchè alle volte le parole servono (eccome se servono!), altre volte, invece, sono superflue o addirittura stonano...la bravura sta nel capire quando adottare una misura oppure l'altra. Per quanto mi riguarda, io sono il genere di mamma un po' troppo strillona, diciamo che faccio rumore, però sono un po' del tipo "can che abbaia non morde"!

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    2. Be, se non ti parlo non vuol dire necessariamente che non comunico né che ti ignoro. Il silenzio di cui parli è violento.

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    3. Lo so Polly, che stiamo parlando di cose diverse. Ma era per dire che il mio uomo si sarebbe trasferito in montagna in un silenzio perenne e che io avrei preferito vivere che ne so sui viali milanesi. Ma, come dicevo, la mia percezione del silenzio è filtrata dalla mia sordità, quindi sono inattendibile.

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  7. cioè, fammi capire, se tu avessi svegliato Carolina ma lei fosse rimasta nel letto e si fosse beatamente riaddormentata, tu cosa avresti fatto?
    O se fosse scesa a far colazione ma nonostante tu indichi l'orologio lei non si muove dalla sedia, che fai in quel caso?
    Perchè anche a casa mia ci sono gli urli del mattino e sono parecchio stanca di questa cosa.

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    1. Marta, ho bluffato, non sono tata Lucia, se non si fosse svegliata qualcosa mi sarei inventata :D
      Credo che sia funzionato perché la sera prima ho spiegato loro in tutta serenità che volevo fare questa prova e loro la mattina dopo erano piacevolmente stupite che lo stessi facendo davvero, come fosse un gioco. E sapevano che in quel gioco stavano giocando anche loro. E che per capirmi dovevano ascoltare il mio silenzio con molta attenzione.

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  8. Uh che cosa interessante... applicarlo alle mie gemelle di due anni e mezzo è troppo presto, vero? -_-

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  9. Alzare la voce e’ il modo (sbagliato) che ho ereditato da mio padre per reagire al nervoso, alla rabbia, alla stanchezza. E’ una delle cose che odio di piu’ di me, e che tento con molta fatica di correggere. L’urlo e’ sempre sbagliato, e’ offensivo, e comunque dopo un po’ diventa inefficace, che’ l’altro per difendersi mette i tappi virtuali e ti ignora. Ho ampiamente verificato che un silenzio e/o uno sguardo sono molto piu’ eloquenti, e ne usciamo tutti indenni, io senza sensi di colpa, loro con l’autostima intatta. E poi non mi sopporto quando mi guardo dall’esterno e mi vedo che sto addosso, soprattutto alla grande, con tutti quei lavati, vestiti, finisci di mangiare, mettiti le scarpe, riordina le tue cose……all’infinito, a ripetizione, tutti i giorni, piu’ volte al giorno. E’ vero che e’ ancora piccola, che a cinque anni e mezzo e’ presto per assumersi alcune responsabilita’ (e comunque a scuola a piedi non potrebbe andarci), ma forse non le sto insegnando che quello che fa o non fa dipende essenzialmente da lei, che la prima a subire le conseguenze e’ lei, e sicuramente le sto mostrando un modello di madre ansiosa e rompicoglioni come non voglio essere. Grazie per avermelo ricordato.

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    1. La cosa brutta è che la mattina che ho urlato più del solito, al suo ennesimo piagnisteo dovuto alla perdita delle scarpe, ho reagito con un: ma sei deficiente?
      E le bambine si sono date delle deficienti l'un l'altra diverse volte, la mia comunicazione violenta s'è propagata. Non giudico me stessa, ma posso provare a comportarmi in maniera più vicina a quella che sono, ecco.

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  10. se mai avròdei figli anch'io voglio fare degli esperimenti sociologici so di loro. Sei una fonte d'ispirazione XD

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  11. Io sono una grande amante del silenzio e mia madre mi ha insegnato (attraverso l'esempio) che questo non solo può sostituire le urla, ma è ben più efficace. Non avrei pensato di applicarlo ad un momento qualsiasi, come hai fatto tu, ma mi piace la tua idea.

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    1. Non l'ho fatto con programmi o aspettative precise e farlo diventare la regola sarebbe assai forzato. Però credo anche che in una famiglia sia bello anche rispettare le esigenze degli altri e accettare il loro essere profondo senza giudicarlo o volerlo cambiare. E io, come te, amo il silenzio.

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  12. cavoli...credo potrebbero interessarti i laboratori di "comunicazione non violenta" che organizza il mio amico Aldo...
    poi ti mando una mail con qualche riferimento.

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