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Freelance vs dipendenti: che guerra è?

Delle volte leggo i blog dei freelance e ho la sensazione che si sentano, vi sentiate, molto contrapposti a noi dipendenti (o collaboratori, o precari vari). Non sempre eh: leggo anche gente che fa belle cose e non si chiede che cosa stiano facendo in quel momento i compagni dipendenti.
Però spesso colgo toni un po' acidi, frasi come che se noi dipendenti ci lamentiamo al rientro dalle ferie, è perché abbiamo sbagliato lavoro, o che cosa ci crediamo, non abbiamo il posto fisso neanche noi, le aziende falliscono eccome (vero).

Nella vita (per vita intendo le persone che vedo fisicamente tutti i giorni) conosco una maggioranza di dipendenti, i quali non criticano i freelance, al massimo dicono "figo ma non me la sento".
Io stessa sono lavoratrice dipendente, da molti anni faccio anche collaborazioni come freelance (sostanzialmente scrivo), ma non mi sento in condizioni di stabilità tali da mollare il posto fisso (anni fa ci provai: lavorai con mio fratello in un locale che lui aveva aperto - nel frattempo lavoravo a un progetto creativo importante - ma ci trovammo così male con la cooperativa che ci aveva dato la gestione che quando mi chiamarono in una delle migliori agenzie della zona,per occuparmi di web a tempo pieno, alla fine accettai).

I freelance che conosco dal vivo, comunque, li ho sentiti spesso dire "ho paura", riferendosi al proprio lavoro. E te credo, vivi in Italia.
Alcuni freelance che leggo in rete invece fanno solo cose fighe e che la condizione di freelance è invidiabile.


Dicono che i dipendenti sono meno coraggiosi. E magari è anche vero. Io e i miei coetanei siamo cresciuti in un sistema che prometteva il posto fisso, la sicurezza, una certa serenità, ma poi siamo usciti dall'università e il lavoro non c'era, di conseguenza non c'era neanche il mutuo e di conseguenza non c'era neanche la serenità. Ci sono persone che hanno fatto la scelta di inventarsi un lavoro, e spesso, conseguentemente, di fare downshifting: guadagno meno, ma probabilmente vivo meglio. Io credo sia splendido, questo. Conosco sempre più persone che danno valore alle cose vere, come al tempo, ai figli, agli amici, alla creatività. Ma se io, e tanti altri, col mutuo, coi figli, o anche solo con desideri "normali" che al giorno d'oggi sono quasi un miraggio, decidiamo che il posto fisso ci fa dormire meglio la notte, nessuno ha il diritto di questionare sulle nostre paure. Perché saremo noi a pagare o a godere delle nostre scelte. Ascoltare i suggerimenti è fallimentare, quasi sempre.
Dicono che i dipendenti ci hanno la busta paga il 15 del mese e a giugno fanno il 730 e ci hanno poche sorprese. Ma io vorrei farvi vedere la mia busta paga, e chiedere a voi se sapete dove va la differenza tra il lordo e il netto: a pagare le pensioni? La sanità? La scuola? A stipendiare i barbieri in parlamento? Non so, di certo la metà del mio stipendio non arriva nelle mie tasche. E non scarico benzina, autostrada, ristorante, non scarico neanche lo sport di tutte e tre le mie figlie, perché le attività sportive si scaricano sì, ma c'è un massimale, e questo in pratica significa che è deducibile solo lo sport di un figlio (facciamo Camilla, dài).
Sembra che i dipendenti se ne stiano a cazzeggiare in tutta serenità, con pure le ferie pagate. Dipende. Se uno decide di cazzeggiare, in alcuni casi può. Peccato che sia sempre più diffuso, nonché legalizzato in misura sempre maggiore, il controllo, anche a distanza. GPS, cronologie di navigazione, telefonate. Cazzeggiare è una scelta che a volte prevede che sia presentato il conto. Salato. E poi pensate a quando voi freelance ve ne tornate a casa  con un bel progetto per le mani, o dodici ore di lavoro ben riuscito. Scambiereste con otto ore di cazzeggio obbligato? Io no.
E le ferie, la malattia, la maternità. Non ci posso credere che qualcuno, che non è il datore di lavoro, metta in dubbio il valore delle lotte operaie.

Credo che in Italia se vuoi fare il freelance devi essere un eroe. Ma anche se vuoi fare il dipendente. E conosco poche persone che in tutta onestà potrebbero giurare di aver scelto la propria strada lavorativa. Forse solo il mio idraulico. Gli altri ci si sono trovati, e cercano di vivere meglio che possono.
Voi vedetela come vi pare, ma per me siamo tutti compagni.

Commenti

  1. Io sono un avvocato giuslavorista e sottoscrivono tutto quello che scrivi, vedo ogni giorno il malessere delle persone legato al lavoro, formalizzato nei più svariati modi ma anche non formalizzato.
    Aggiungo che anche fare impresa in Italia è da eroi, che se non ti pagano ( e non ti paga nemmeno lo stato) non hai strumenti per tutelati
    Pero' mi ricordo che quando ero incinta della mia prima figlia scrivevo i ricorsi per le lavoratrici madri coi lacrimoni , diritto all' indennitá, allattamento, rientro nella stessa posizione, etc. E i lacrimoni scendevano perchè pensavo alla mia partita iva, che nello studio della cara avvocatessa consigliera di paritá provinciale con cui collaboravo ( per un lauto stipendio lordo di mille euro al mese, di cui me ne rimanevano 480) stavano giá togliendo la mia scrivania, che avrei mandato mail e gestito rogne anche nei tre giorni di ospedale sentendomi Furio di BiancorossoVerdone, che le mie ore di allattamento non mi sarebbero mai state pagate.

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    1. (non riuscivo a risponderti da mobile, mannaggia a blogger)

      Consigliera per la parità? Che pena.

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  2. Mio padre diceva: non baratterei mai la mia libertà con uno stipendio fisso.
    Era un libero professionista, un ingegnere.
    Ma erano altri tempi. Era un'altra Italia, la sua.
    Io sono sempre stata una libera professionista, una free-lance. Per scelta, per caso anche, per carattere fondamentalmente. E per onorare quella libertà che professava mio padre. E oggi con quella libertà mi ci posso pulire il c**o. Non ho niente. Non una casa, non un lavoro, non un futuro, niente. Solo tante belle parole, solo tanta rabbia.
    Allora tanto vale levare le tende, finché queste gambe tengono finché questo cuore desidera, che il resto è già affan***o.

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    1. :(
      Però non credere, avere momentaneamente il lavoro non vuol dire avere il fututro, quello è un miraggio per tutti. Un abbraccio.

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  3. Io sono un avvocato giuslavorista e sottoscrivono tutto quello che scrivi, vedo ogni giorno il malessere delle persone legato al lavoro, formalizzato nei più svariati modi ma anche non formalizzato.
    Aggiungo che anche fare impresa in Italia è da eroi, che se non ti pagano ( e non ti paga nemmeno lo stato) non hai strumenti per tutelati
    Pero' mi ricordo che quando ero incinta della mia prima figlia scrivevo i ricorsi per le lavoratrici madri coi lacrimoni , diritto all' indennitá, allattamento, rientro nella stessa posizione, etc. E i lacrimoni scendevano perchè pensavo alla mia partita iva, che nello studio della cara avvocatessa consigliera di paritá provinciale con cui collaboravo ( per un lauto stipendio lordo di mille euro al mese, di cui me ne rimanevano 480) stavano giá togliendo la mia scrivania, che avrei mandato mail e gestito rogne anche nei tre giorni di ospedale sentendomi Furio di BiancorossoVerdone, che le mie ore di allattamento non mi sarebbero mai state pagate.

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  4. e il mobbing sul posto di lavoro ce lo scordiamo? Mio marito che fa il consulente, a stipendio fisso della sua azienda, certo, ma presso aziende altrui, dice sempre che il bello della sua posizione è che si può permettere di fare, dire e proporre cose che i dipendenti interni non possono, o per questioni politiche interne, o per altri meccanismi. Quindi di che stiamo parlando?

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  5. a me altro che mobbing, i clienti che all' approccio non mi convincono posso sempre scoraggiarli eccetera

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