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Una volta a Lisbona

Mi ricordo due anni fa.
Bea stava a Lisbona, andai a trovarla un giorno di agosto. Al mattino mi recai in ufficio con il trolley e finita la giornata di lavoro presi un volo a Bologna.
Arrivai a Lisbona che era sera, mi pare piuttosto tardi. Mi colpiva che sembrava mezzogiorno, per il casino e il caldo. C'era tutta questa vita, attorno all'aeroporto, ed era sera tardi.
Dovevo vedermi con Bea a una fermata della metropolitana, non ricordo come si chiamava.
Mi chiedevo se qualcuno parlasse inglese.

Ero sola, col trolley, muta, in cerca della metropolitana.
Ma non c'era nulla di squallido, nell'essere sola a scendere quelle scale vuote, sotto le luci al neon. Se fossi stata in stazione a Faenza una sera d'inverno, avrei pensato che la luce al neon e' così squallida: mi avrebbe repulso e attratto a un tempo.
Dove è caldo non c'è nulla di squallido. C'è solo l'estate che urla forte, dentro alle macchine che sfrecciano, sugli autobus che suonano, nelle valigie delle persone in maglietta e bermuda, in gruppo, che cercano un tassì, magari vanno già al Barrio Alto ad ascoltare fado e a bere birra.
Io no, io andavo in metro da sola, e non c'era niente di squallido.
L'avevo visto prima di decollare, portoghese e belloccio, forse era mulatto o forse aveva solo l'aria mulatta, non ricordo. Mi ero seduta vicino a lui in sala d'aspetto, e poi il suo sguardo aveva incrociato il mio mentre mi sedevo, vicino al finestrino, e lui cercava il suo posto.
L'ho visto di nuovo, mentre cercavo di fare il biglietto per la metro, di fronte a una macchinetta automatica che parlava in portoghese senza che io capissi niente. Lui passava, e ora era con un gruppo di ragazzi.
Lui era mi pare abbastanza più giovane di me, o forse aveva solo l'aria di essere più giovane.
L'ho rivisto sulla carrozza, di nuovo. Lui con tutti questi ragazzi che facevano casino, io sola, con la valigia davanti alle ginocchia. L'ho guardato un po' sfacciata, perché se sono lontana da casa so essere anche sfacciata. Lui mi ha guardato sfacciato, come un ragazzetto nella notte di Lisbona, che guarda una più grande di lui.
A me piacciono quelli belli, ma poi non riesco a parlare con qualcuno che mi piace: l'ipotesi di sfoderare un'ovvietà o di pormi in maniera frivola, mi coglie sempre alla sprovvista, mentre penso, che so, alla pace nel mondo. Io non credo di piacere granché. Le mie amiche mi sembrano tutte più sensuali di me.

Il ragazzo mulatto è sceso e con lui gli amici, ci siamo guardati l'ultima volta, ho pensato, bella Lisbona.

Commenti

  1. Sono belli gli incontri causali, gli sguardi inciampati le vite incrociate. Sono belle anche così, anche se ne puoi solo parlare o immaginare.

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    1. Del resto se ci parlavo al 90% lo avrei definito un coglione :)

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  2. A volte capita di incontrare persone che abbiamo conosciuto o amato in altre vite. E in qualche modo ci si riconosce. Non c'è mai, secondo me, uno sguardo accidentale. Un guardare, guardarsi. Ma a volte è il momento a non essere quello giusto. Oppure a volte non c'è un altro momento. Però una sensazione resta. Tipo un'emozione piccola. Di qualcosa. Ma boh sono pippe le mie.

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    1. Mah, io francamente intorto pochissimo, mi sa che non è mai il momento giusto.

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  3. E nella foto, sorry Vale, ma sei very gnocca. ;-)

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  4. Scrivi che le tue amiche sono più sensuali e poi metti una foto da supergnocca per farti dire che non sei mica da buttare via - beccata!!
    :-D

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    1. Lo so che non sono da buttar via, ho detto che quando parlo non sono una tipa sensuale, c'è una bella cazzo di differenza XD

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